rassegna stampa

Roma spaccata, Garcia la mette al muro

Filtrano i primi mugugni, le prime piccole grandi perplessità di alcuni giocatori — anche tra i più importanti — su Rudi Garcia, sull’avvicinamento alle partite, sul lavoro settimanale, sulle scelte.

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Si dice che la prima regola dell’infelicità sia stare in un posto e in realtà voler essere altrove. Visto quello che è successo domenica all’Olimpico, non è escluso che Gervinho e Doumbia rimpiangano già di essere tornati a Roma, dove hanno trovato l’inverno vero. Inverno anche dentro Trigoria, dove c’è una squadra in confusione e uno spogliatoio all’interno del quale i rapporti si vanno via via raffreddandosi. E così filtrano i primi mugugni, le prime piccole grandi perplessità di alcuni giocatori — anche tra i più importanti — su Rudi Garcia, sull’avvicinamento alle partite, sul lavoro settimanale, sulle scelte. Prendi l’impiego a sorpresa, per di più contemporaneo, di Gervinho e Doumbia, sbarcati a Roma solo 48 ore prima del match con il Parma. Il giudizio più gentile che circolava a Trigoria in questi giorni nei loro confronti suonava così: «Quasi impresentabili». E il fatto che abbiano giocato è stato poco gradito all’interno dello spogliatoio (e non solo). La vittoria in Coppa d’Africa — oltre alle successive feste — ha ovviamente scaricato i due attaccanti, il cui impiego dal primo minuto ha reso perplesso un gruppo che vorrebbe poter contare sulla meritocrazia degli allenamenti. Tra l’altro, fra i campioni d’Africa all’estero, a essere impiegati sono stati una sparuta minoranza. E quei pochi che hanno giocato, non hanno brillato. Qualcuno, come Aurier del Psg, si è pure infortunato e resterà fuori un mese. Come dire: il riposo era meglio.

LA SFURIATA Logico però che Garcia non abbia fatto marcia indietro. Anzi: nei cinque minuti di faccia a faccia con la squadra, raccontano che i vetri dello spogliatoio stavolta abbiano tremato. Il senso del discorso è stato questo: «Io sono ancora ottimista, ma ora dovete tirare fuori le palle e cominciare a lottare. L’atteggiamento delle ultime partite non mi è piaciuto. Se non cambiamo rotta non si va lontano. È il momento. Io sono convinto che tutto sia ancora possibile».

SQUADRA IN CONFUSIONE Discorso duro, se poi sarà stato incisivo lo si capirà (forse) già da giovedì, in Europa League. Il morale del gruppo è ai minimi storici, la perplessità sulla guida invece sono segnalate in aumento. C’è chi racconta di aver avuto persino paura di perdere, nel finale col Parma. Chi spiega di non ricevere mai reali indicazioni sui movimenti da effettuare in campo, come se molto (troppo?) fosse lasciato all’iniziativa del singolo. E anche chi fa capire di non avere più le gambe dello scorso anno, quando il pressing, la riconquista del pallone e la ripartenza sono state a lungo le vere armi della Roma. Ora che i risultati non arrivano, i sussurri diventano grida. Come quelle relative ad allenamenti poco specifici e sempre uguali, a prescindere dall’avversario: l’eccezione fu contro l’Empoli in campionato, quando Garcia istituì una seduta al mattino della partita.

MAICON, CURE IN SPAGNA Rifiniture che ora non riguardano Maicon. Il brasiliano ieri è stato in Spagna dal professor Cugat, presso il quale sta svolgendo un nuovo ciclo di cure coi fattori di crescita. Quattro sedute in tutto, la prima la scorsa settimana (andò da Cugat insieme a Ibarbo), l’ultima il giorno di Roma-Juve. È la carta della disperazione, per un ginocchio destro ai minimi termini. Insomma, non sarà lui a produrre cross per Doumbia, presentatosi ieri con la faccia — lui sì — sorridente: «Trasformerò i fischi in applausi. Non ho trovato una Roma tanto diversa da quella che sconfisse il Cska per 5-1». Se non è una bugia, c’è da preoccuparsi.