Se parlare di calcio ha qualche senso in una città paralizzata dal teppismo, l’1-1 europeo tra Roma e Feyenoord, santificato dalle reti di Gervinho e Kazim Richards, delinea alcuni dati precisi: 1) la rete olandese è macchiata dal fuorigioco dell’attaccante al momento del colpo di testa precedente di Immers, deviato sul palo da Skorupski; 2) sul piano del gioco il risultato è giusto; 3) la squadra di Garcia è al 9° match consecutivo all’Olimpico senza vittorie (se si considera al 90’ quello in Coppa con l’Empoli), il che significa tre mesi tondi (da dicembre a febbraio). Segnalato come gli avversari nella modesta «Eredivisie» siano solo terzi in classifica a 20 punti dalla prima, ne consegue che la Roma sia in crisi, e lo si nota sia per il crollo fisico verticale della ripresa — e non è una novità — sia per la perdita persino della superiorità nel possesso palla (46%), il che per la Roma in questa stagione è solo la quarta volta che avviene, e sempre in partite europee. Un caso?
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La Roma non si trova più. Gervinho poi il Feyenoord
Il risultato certifica che la Roma è in crisi, e lo si nota sia per il crollo fisico verticale della ripresa, e non è una novità, sia per la perdita persino della superiorità nel possesso palla.
TACCO GERVINHO Inutile nasconderlo, la Roma sta cambiando pelle e lo dimostra anche il fatto dell’unico italiano in campo nel finale e i 10’ della ripresa di «deromanizzazione». Garcia, insomma, le prova tutte. Rispetto a domenica col Parma cambia 6 titolari e punta su un 4-2-3-1 che rilancia il baby Verde (buona idea) e vede Pjanic in posizione di trequartista, utile in fase di non possesso per stare sulle zolle di Clasie, il gioiello del Feyenoord, che proprio per questo nel primo tempo — davanti alla difesa in stile Pirlo — viene limitato in fase di impostazione, tant’è che spesso prova a defilarsi sulla sinistra scambiandosi con El Ahmadi. Ne consegue che la voglia di giocare la palla degli olandesi — che hanno un 4-3-3 assai elastico negli esterni e negli inserimenti — apre spazi ghiotti per le accelerazioni dei giallorossi, ben imbucati da Totti e a volte da De Rossi. Gervinho infatti segna sì al 22’ — splendido colpo di tacco su assist di Torosidis, con Wilkshire e Boulahrouz in ritardo nella chiusura — ma già nei primi dieci minuti avrebbe tempi e spazi per andare in rete dopo buoni servizi di Verde e dello stesso Torosidis se non dimostrasse il solito scarso killer instinct. In generale, però, la Roma sembra migliorata rispetto al recente passato e l’unico tiro in porta dei rivali dei primi 45’ arriva soltanto sui titoli di coda.
MALE DOUMBIA A farlo è Kazim Richards e non è un caso, perché appena si vede che la Roma nella ripresa va sulle ginocchia, e i reparti si allungano, è proprio l’attaccante a pareggiare sull’azione descritta all’inizio. Gol irregolare, ma aiutato anche da una dormita sulla fascia di Holebas e Gervinho che consentono al neo entrato Karsdorp di crossare per Immers. Detto che Manolas rischia un paio di volte in area, è la mediana sorretta da Nainggolan e Pjanic a sfaldarsi davanti al tris olandese. L’ingresso di Keita e poi Florenzi prova a far alzare il pressing ai giallorossi, ma il palleggio olandese è sopraffino e così le due uniche palle giocabili arrivano al 38’ e 39’ al neo entrato Doumbia, che però si dimostra in una condizione imbarazzante. Insomma, l’unico a sporcare i guanti di Vermeer è Torosidis al 41’, segnalando come mai quest’anno la squadra ha concluso in match con solo un paio di tiri veri in porta. Morale: il Feyenoord porta a casa un pari prezioso che costringerà la Roma all’impresa a Rotterdam. Ma basteranno sette giorni per ritrovare spirito, gambe e idee?
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