rassegna stampa

La Roma non sa sorpassare

Tredicesimo pareggio della Roma in campionato al termine di un match in cui i giallorossi sono tornati a mostrare i problemi dei primi due mesi e mezzo del 2015

Redazione

Alla fine dei giochi, anche Roma-Atalanta entra nel gorgo di un derby «capitale» infinito e imprevedibile. Calendario alla mano, doveva essere il giorno del controsorpasso ai danni della Lazio; invece la Roma – opposta in campo a una ordinata Atalanta e, virtualmente, ai biancocelesti k.o. a Torino – mastica solo un aggancio amarissimo al 2° posto, frutto di un 1-1 santificato su rigore da Totti e Denis, che certifica il 13° pari in campionato (addirittura il 10° nelle ultime 14 gare), ma soprattutto una prestazione a tratti imbarazzante, tanto da essere fischiata dal suo pubblico persino durante il breve vantaggio. Merito, ovvio, anche della squadra di Reja, sempre più vicina all’obiettivo salvezza (+7 dal Cesena), che si permette il lusso di risparmiare il diffidato Moralez («pensavo anche all’Empoli», dirà Reja alla fine), lanciando come trequartista un ex come Emanuelson, mai visto così tonico in giallorosso. Morale: quasi meglio che sia mancata la Curva Sud, perché la contestazione sarebbe stata assai più robusta, almeno quanto quella (prevista) riservata a Pallotta fuori dallo stadio.

FISCHI E FIASCHI - Eppure il vantaggio giallorosso in avvio – maturato al 3’ grazie a un netto «mani» di Stendardo su passaggio di Ljajic – sembra concedere ai giallorossi l’inerzia giusta per chiudere in fretta la pratica, nonostante le assenze di Maicon, De Rossi, Pjanic e Gervinho. La squadra di Reja prova ad alzare il baricentro del proprio gioco e così un paio di ripartenze di Ljajic, Florenzi e dello spaesato Iturbe avrebbero le potenzialità del graffio se non si perdessero nelle secche dei controlli o della rifinitura conclusiva. Il problema è che il bassissimo ritmo privilegia la squadra meno tecnica e così – quando Totti arretra per gestire la palla in mediana e lanciare la «banda bassotti» in profondità – trova la cerniera nerazzurra già chiusa, visto che in fase difensiva l’Atalanta produce un ringhioso 4-5-1, con Baselli in pressing su Nainggolan in veste di regista basso, mal affiancato da un Paredes impalpabile, Torosidis e Holebas incapaci di proporsi con continuità sulle fasce, e i soliti Iturbe, Ljajic e Florenzi pieni di buona volontà ma di altrettanti limiti. Nessuna sorpresa perciò che i nerazzurri facciano salire la palla con più facilità grazie ad un Emanuelson pronto ad appoggiarsi a turno su Carmona, Estigarribia e Gomez per chiudere triangoli e Denis intelligente a non farsi serrare tra Yanga-Mbiwa e Astori. Il primo caldo poi sembra togliere alla Roma corsa e concentrazione, tant’è che Astori al 22’, su un innocuo servizio in profondità di Estigarribia a Emanuelson, mette giù l’olandese per pura distrazione. La Roma sembra che non ne abbia, tant’è che i bergamaschi nel primo tempo si permettono di gestire anche a tratti il possesso palla (53% a 46% la forbice all’intervallo). Insomma, encefalogramma quasi piatto, visto che i tiri nello specchio sono solo due, con Gomez e Florenzi pronti a impensierire De Sanctis e Sportiello.

CAMBI MODULO - La ripresa di apre con Estigarribia che spaventa ancora i giallorossi, ma è Sportiello a salire in cattedra quando l’Atalanta arretra troppo, scegliendo a volte più una complicata gestione palla che l’affondo per cui, pure, avrebbe spazi. La Roma però ruota i suoi attaccanti e cambia una prima volta modulo passando al 4-3-3 per poi tornare all’idea tattica di partenza quando sceglie di arretrare Florenzi a terzino. Ne vengono fuori una messe di angoli (11) e in generale tanta confusione poco produttiva, che sanciscono due dati: la solidità di un’Atalanta che pure in trasferta ha il peggiore attacco del torneo (solo 10 reti) e la fragilità dell’attacco della Roma, ormai l’8° della A. Quanto basta per tremare davanti a una doppia trasferta (Inter e Sassuolo) che potrebbe rilanciare ancora una volta la Lazio e le rivali alle spalle. Per andare in Champions, sarà meglio che i lupi ricomincino a ringhiare davvero.