Calcio e cinema a confronto in vista del derby della Capitale di oggi. Pallone e pellicola, in fondo, hanno in comune parecchio. Eppure, nonostante la bacheca di Cinecittà sia superiore a quella di Roma e Lazio, gli ultime decenni hanno sancito il sorpasso del calcio ad un cinema dissanguato sempre più dalla crescita di tv e web. Il derby, allora, è l’occasione per immaginare una sinergia e girare un kolossal virtuale che ricordi i fasti di Cinecittà, anche perché gli attori giusti non mancano, scrive Massimo Cecchini su "La Gazzetta dello Sport".
rassegna stampa
Roma-Lazio a Cinecittà
Gli "studios" della Capitale compiono 80 anni e, tra film e pallone, il derby è pronto a trasformarsi in un kolossal con protagonisti da Oscar
TOTTI, “L’ULTIMA SFIDA DI UN GLADIATORE SENZA CONFRONTI” – Un giorno di maggio del 2010 si ritrovarono addirittura insieme dentro al Colosseo. Da una parte Francesco Totti, capitano della Roma e simbolo sportivo della città; dall’altro Massimo Decimo Meridio, «Il Gladiatore». E pazienza se Russel Crowe, nella realtà, aveva il sorriso bonario di un attore neozelandese un filo in sovrappeso e addirittura una dichiarata simpatia per la Lazio. Quanto bastava perché Totti avesse una benedizione virtuale su quella fascia da capitano con su impressa l’immagine stilizzata di un gladiatore, che cominciò ad indossare subito dopo l’uscita del film, nella stagione 2000-2001, quella che valse lo scudetto. Oggi (forse) sarà l’ultima apparizione del capitano nel derby. E tutti i gladiatori del mondo faranno fatica a non commuoversi.
SPALLETTI “QUO VADIS? MA L’ALLENATORE NON RISPONDE” –"Dove vai?". "Vado a Roma per essere crocifisso una seconda volta". No, non è un pensiero di Luciano Spalletti prima di accettare l’anno scorso la panchina giallorossa, ma il dialogo chiave di uno dei più grandi kolossal girati negli studi di Cinecittà. "Quo vadis?", appunto. A pensarci bene, la stessa domanda che la Roma fa silenziosamente al proprio allenatore dall’inizio della stagione. Ma nonostante le insistenze, il presidente Pallotta finora pare meno convincente del San Pietro cinematografico. A Boston, invece, sull’ormai futuro prossimo della panchina non ci sono certezze. "Dove vai?", chiedono a Spalletti i dirigenti e i tifosi romanisti, preoccupati che l’avvento di qualche nuova e ricca divinità calcistica possa convertire il tecnico sulla via di Trigoria. L’impressione però è che bisognerà pazientare ancora poco e poi si saprà tutto.
PALLOTTA “MR. JAMES PRIMA ‘SISTEMA’ POI RITORNA" – L’aveva promesso. "Passerò tanto tempo a Roma", parola di James Pallotta. Ma si sa che le buone intenzioni a volte si scontrano con la realtà. Con gli anni, comunque, il ritornello è cambiato, diventando: "Quando sono in America lavoro tanto per la Roma". Indiscutibile, anche se qualche volta nell’universo giallorosso alcuni hanno avuto nostalgia del presidente che, nei momenti di difficoltà, irrompesse nello spogliatoio per rincuorare o mettere in riga la squadra. E allora meglio sperare che il titolo del film di Nanny Loy sia il pensiero segreto del presidente Pallotta: "Sistemo l’America e torno".
MILINKOVIC “QUALIFICAZIONE CON DUE RETI PER ESSERE DIVO” – Due modi opposti per diventare "Divo". L’uno immobile come una statua ma sempre sintonizzato sulla realtà, l’altro in movimento come un ghepardo, ma sempre puntuale a graffiare quando serve. L’oltre mezzo secolo di politica del Giulio Andreotti rivisitato da Paolo Sorrentino, si specchia nei 180 minuti che sono valsi due gol in altrettanti derby di Coppa Italia per Sergej Milinkovic-Savic, il serbo grazie a cui la Lazio ha ritrovato quel sorriso contro la Roma perduto quattro anni fa.
INZAGHI “IL BABY TIMIDO E’ DIVENTATO UN CASANOVA” – Al posto di Bielsa, sulla panchina della Lazio è arrivato Simone Inzaghi, quel "progetto" di tecnico destinato alla panchina della Salernitana. Insomma, più o meno come se una ragazza avesse un invito a cena da Brad Pitt e all’appuntamento si presentasse il ragioniere del piano di sotto. Ma l’amore, come il calcio, a volte è anche questione di tecnica e feeling, e così l’apparentemente grigio «fratello di» si è trasformato in un Casanova da orgasmi multipli – tipo il doppio derby di Coppa Italia – che hanno proiettato la Lazio in finale contro la Juventus.
LOTITO “QUEL DIAVOLO DI PRESIDENTE ORA PARE BELLO” – A inizio stagione, fra tanti laziali la presidenza Lotito era vista con la stessa simpatia dell’apparizione di un diavolo in chiesa. Più che un demonio, il patron della Lazio sembra essere uno di quelli in grado di battere Mefistofele sul suo stesso terreno, proprio come succede al Faust del film di René Clair. Come di prammatica, il Professore vende l’anima in cambio di giovinezza, ricchezza e potere, riservandosi però la possibilità di vedere quello che gli riserva il futuro. Un’astuzia che gli consentirà di costringere Mefistofele a cancellare il patto sottoscritto. Colpo di genio o percorso interiore? Lotito per adesso non s’interroga e passa all’incasso. In questa stagione in fondo sembra davvero ringiovanito, e nessun tipo di diavolo calcistico pare fargli paura.
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