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Roma, l’asse del gol: Pellegrini torna in regia, Abraham cerca lo sprint

Roma, l’asse del gol: Pellegrini torna in regia, Abraham cerca lo sprint - immagine 1
Mourinho ha bisogno di ritrovare due certezze per battere il Betis. Lorenzo e Tammy sono pronti. Anche per dimenticare Dybala e Zaniolo

Redazione

Più di Dybala, più di Abraham, più di tutti, Jose Mourinho porta nel cuore Lorenzo Pellegrini scrive Gian Battista Olivero su La Gazzetta dello Sport. Non tanto, o non solo, per l’indubbio talento, ma per il modo in cui ha imparato a usarlo. Da capitano, da leader. D’altronde l’esempio di Francesco Totti e del suo comportamento ispira chiunque abbia un’importante responsabilità nello spogliatoio giallorosso. Lorenzo è stata la guida tecnica imprescindibile della Roma nel momento in cui Mou si è insediato sulla panchina. Era lui che faceva girare i compagni, era lui che alzava il livello nelle occasioni più importanti. Poi ha saputo gestire bene l’arrivo di Dybala e la risalita di Zaniolo, adattandosi alle novità tattiche e trovando volta per volta non solo la posizione giusta ma anche il modo di rendersi utile alla squadra. E adesso deve nuovamente caricarsi la squadra sulle spalle, perché è impensabile che l’Europa della Roma finisca in autunno. E il ponte verso il 2023 e la fase a eliminazione diretta dell’Europa League lo deve costruire soprattutto lui: non da solo, certo, ma la sua presenza sarà fondamentale nella complicata trasferta di Siviglia contro un Betis che all’andata fu superiore a prescindere dalle modalità con cui conquistò la vittoria.

La tecnica Non c’è Dybala e chissà quando tornerà. Non c’è Zaniolo, fermato da quell’istinto autodistruttivo che non ha ancora imparato a tenere a bada completamente. Ma c’è Pellegrini e questa per Mourinho è una bella notizia perché Lorenzo sa come prendere per mano i compagni nei momenti difficili. Che Pellegrini sappia accendere la luce è cosa nota. Che Tammy Abraham adesso abbia bisogno che qualcuno lo illumini, anche. La vita dei centravanti, si sa, è fatta di momenti come quello che sta vivendo l’inglese. Sorprende magari che queste difficoltà siamo arrivate all’inizio del secondo anno, quando ormai conosce alla perfezione non solo la sua squadra ma anche il nostro calcio, mentre i primi mesi della scorsa stagione avevano mostrato un giocatore dalle grandi potenzialità. Succede. In questi casi si guarda il numero di gol fatti e si pensa che ne basterebbero uno o due per cancellare la crisi e consentire ad Abraham di tornare sul suo miglior livello. In realtà, vedendolo giocare, si ha l’impressione che non si tratti solo di «mal di gol», ma che rispetto alla scorsa stagione l’inglese sia un po’ scollegato dai compagni e che la sua indubbia generosità diventi quasi controproducente perché il movimento viene effettuato spesso a vuoto con conseguente scarsa lucidità in area e poca utilità fuori.