Due giorni fa, nei pressi della nuova sede della società all’Eur, gli striscioni contro Pallotta sono tornati per le strade, così come la rabbia su radio e social. Il motivo, stavolta, scrive Massimo Cecchini su La Gazzetta dello Sport, è dovuto all’ultimo no del presidente all’offerta di Dan Friedkin per avere la Roma, 575 milioni e perché la strategia di Pallotta, se la campagna cessioni non darà i frutti sperati, mette a rischio anche i gioielli, cioè Pellegrini e Zaniolo.
rassegna stampa
Roma, il tifo ringhia ma Pallotta ora cerca altri eredi
Dopo il no del presidente a Friedkin, si prova a salvare i gioielli Zaniolo e Pellegrini
In ogni caso, se anche il d.s. Petrachi riuscisse a piazzare i circa 14 esuberi che la dirigenza ha messo virtualmente sul mercato, i circa 150 milioni di valutazione che sulla carta possono avere, alleggerirebbero il monte ingaggi di quasi 50 milioni, ma genererebbero poca plusvalenza. Insomma, se il presidente versasse nelle casse quegli 85 milioni proposti da Friedkin, nell’anno in cui il fair play finanziario viene congelato, ciò consentirebbe di ripulire il bilancio e ripartire quasi da zero (esclusi i 300 milioni circa di debito, naturalmente), liberando la dirigenza dal gioco di dover fare ogni anno un centinaio di milioni di plusvalenze.
Invece, di sicuro Pallotta verserà 42 milioni per completare la sua parte di aumento di capitale (poi ne restano 18 aperto al flottante) e probabilmente cercherà nuovi finanziamenti da banche Usa e farà "factoring", cioè anticipazione di crediti sui futuri guadagni, con l’obiettivo - nel peggiore dei casi - di vendere la Roma nel giro di tre anni - la caccia all’erede è già iniziata - sperando in una rivalutazione del club.
© RIPRODUZIONE RISERVATA