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La Gazzetta dello Sport

Roma e Napoli oltre i gol: pizza, fiction e canzoni. Una sfida in tutti i campi

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Due città che si dividono nonostante la contaminazione fra questi luoghi sia stata sempre ricchissima

Redazione

Vicine eppure lontane. In quell’ora di Alta Velocità che separa Roma e Napoli c’è un mondo di differenze scrive Valerio Piccioni su La Gazzetta dello Sport. Nonostante la contaminazione fra questi luoghi sia stata sempre ricchissima e oggi, fra le due città, vada in scena un pendolarismo quotidiano di migliaia di persone, particolarmente lavoratori della scuola. E poi Roma e Napoli sono pure amori che si dividono, case che si spaccano. Passioni contro. Anche allo stadio. Una volta ne parlò pure Pasolini. «Il tifoso di tipo, diciamo così, napoletano, è un poco così: sa, è illuminato, beato lui, da una specie di grazia. Il romano, invece - notava lo scrittore che era tifoso del Bologna - nella propria squadra non esalta glorie cittadine, meriti sportivi e altre cose noiose di questo genere: egli esalta la sua “dritteria”. E un “dritto” è un “dritto”».

Che fine hanno fatto i «dritti»? Ma non rimaniamo allo stadio. Usciamo. Roma-Napoli è una sfida a colpi di fiction, «Romanzo criminale» contro «Gomorra». Poi ci sono due «vespe», nel senso di scooter: Nanni Moretti che va in giro nella Roma deserta di «Caro diario», Paolo Sorrentino con suo padre e sua madre in «È stata la mano di Dio». Ma Sorrentino ha raccontato pure «La grande bellezza» di Roma. Interpretata anche da Sabrina Ferilli. Aveva 37 anni quando la Roma vinse lo scudetto e lei salì sul palco del Circo Massimo. La stessa che ha oggi la napoletana Serena Rossi, la «Mina settembre» primatista di ascolto firmato da un autore tifosissimo (del Napoli) Maurizio De Giovanni.

Ma Roma e Napoli sono diverse anche nella loro forma. A Roma c’è un centro storico, un quasi centro, una prima periferia, una seconda... A Napoli, invece, la contiguità è incessante, si mischiano tanti centri e tante periferie. Poi certo, ci sono sfide iconiche fra luoghi simbolo: via Caracciolo o i Fori Imperiali? Il Plebiscito o Piazza del Popolo? Di iconiche ci sono anche le canzoni. I «mille culure», le «mille paure» o il «sole amaro» di Pino Daniele, i «Campi Flegrei» di Edoardo Bennato o il «che me fa campa’ sta vita così piena de problemi e che me dà coraggio se non me voi bene» di Antonello Venditti? E c’è una parentela artistica fra i Maneskin del «sono fuori di testa, ma diverso da loro»? e il «curre curre guagliò» dei 99 Posse?

Poi c’è la lingua. «Quel diluvio di jamm, o saccio, ‘naggia, ‘a i’ lloco, azz!» che «era come ascoltare del buon jazz» con cui Roberto Benigni descrive in poesia il suo amico Massimo Troisi. Roma, invece, «romanizza qualsiasi cosa», come diceva Gigi Proietti illustrando quella «lingua dell’anima», compagna di viaggio in mille palcoscenici. Già, Troisi e Proietti. Così straordinariamente diversi. Ma con un filo di tenerezza che però ce li fa vedere vicini. Sarebbe bello chiudere gli occhi e sognarceli in quest’ora di treno. A «giocare» il loro Roma-Napoli.