Nella sofferenza le vittorie pesano e brillano di più. Quella della Roma sul Como ha un valore notevole per la classifica, ma soprattutto per il modo in cui è maturata dopo un primo tempo di palese inferiorità tattica, scrive Gian Battista Olivero su La Gazzetta dello Sport. Il gol di Da Cunha un attimo prima dell'intervallo era sembrato la giusta conclusione di una frazione in cui la squadra di Fabregas aveva giocato il suo bellissimo calcio privo di punti di riferimento e quella di Ranieri aveva solo osservato, incapace di trovare le contromisure e attenta a non concedere occasioni. Ci era quasi riuscita perché in questi mesi la Roma ha imparato a leggere i momenti della gara e aveva accettato di vivere la sofferenza iniziale con l'intelligenza di chi sa che poi le cose cambiano. Il gol incassato ha complicato il piano, ma non ha stravolto la squadra proprio per la maggiore consapevolezza: d'altronde non si vincono sei partite su sette per caso. Nella ripresa la differenza l'ha fatta un atteggiamento diverso dei giallorossi, la dabbenaggine di Kempf (ingenuamente espulso appena dopo il pari) e la qualità dei cambi.
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Il gol incassato ha complicato il piano, ma non ha stravolto la squadra proprio per la maggiore consapevolezza
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