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Roma, che crollo: arriva il terzo k.o.

Roma, che crollo: arriva il terzo k.o. - immagine 1
Gudmundsson segna e domina, la coppia Dybala-Lukaku sparisce. I giallorossi si scusano con i tifosi
Redazione

Quattro reti (da 12 anni la Roma non le incassava da una neopromossa) offrono la liberazione da un complesso d’inferiorità e portano al sorpasso in una classifica che non mente. La Roma è disastrosa e merita i bassifondi, scrive Pierfrancesco Archetti su La Gazzetta dello Sport. Doveva togliersi dagli enigmi, invece crolla miseramente fra le sparizioni dei big, gli infortuni e gli errori del confusionario Mourinho.

Il primo successo in casa arriva anche perché il Genoa stavolta è continuo e duro fino al termine. Invece di calare e incassare gol come nelle recenti uscite, cresce proprio quando è preso d’assalto ed è capace di meritarsi un finale senza paure, in trionfo. Il 3-1 di Thorsby sull’unico angolo genoano piove al 74’, il poker di Messias all’81’. Da notare: l’ex milanista messo in campo nel finale al posto di un difensore, mentre su di lui dovrebbe chiudere ma non lo fa El Shaarawy, un attaccante che Mou veste da terzino. La scena spiega molto, se non tutto.

Paulo Dybala raggiunge le 300 partite in A, ma non è in serata da baldoria. Dà l’idea di stanchezza e mancanza di creatività. Lukaku raramente prevale nei duelli, anche perché non ha spazio per sciogliere la sua corsa. Il Genoa si fa sorprendere soltanto nel 1° tempo, quando copre male una discesa di Spinazzola e i mediani (il più vicino sarebbe Strootman) non si accorgono che Cristante corre libero per incornare l’1-1. Ma dopo il Genoa dei tre centrali, spesso abbottonato a cinque, non si fa più trovare impreparato.

Nessuno si può salvare nella Roma, anche il rientrante Pellegrini è un fantasma. Mou perde Llorente dopo il pari, la sua sguarnitissima difesa lo costringe a far scendere nell’ultima linea Cristante, e per far capire meglio i movimenti il nuovo entrato Bove a un certo punto fa girare un foglietto. Però la Roma resta troppo larga dietro e la scena del raddoppio ne è testimonianza. Mou lascia Mancini (ammonito) nello spogliatoio inserendo Belotti: la Roma del secondo tempo viaggia con una difesa a quattro e tre punte che scambiano la posizione, soprattutto il Gallo e Lukaku. Poi chiude a 4-2-3-1 con gente che quasi fatica a riconoscersi in faccia, visto che in partita non era mai stata insieme. La Roma va a chiedere scusa sotto una curva imbelvita, mentre da fuori si sentono i clacson all’impazzata.

 

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