Che i numeri siano realtà astratte in cui leggere ciò che conviene, in fondo è storia antica, scrive Massimo Cecchini su La Gazzetta dello Sport. In questo senso, la parabola di Eusebio Di Francesco – dagli altari alla polvere – può sintetizzare bene l’assunto che spiega come la realtà sia plasmabile più o meno alla stregua del sentimento. Non è un mistero che l’allenatore di uno stupefacente Frosinone, che guarda dall’alto Lazio e Roma, abbia il giallorosso tatuato sul cuore. Comprensibile: 129 partite con quella maglia, santificate da 16 reti e, soprattutto, da uno scudetto storico, hanno lasciato il segno in questo abruzzese di mare. Se non bastasse, appese le scarpette al chiodo, a Trigoria ha lavorato anche come general manager prima di andare a cercare fortuna altrove come allenatore. Ce l’ha fatta, e così bene da riuscire a tornare alla Roma nel 2017 e caricarsi sulle spalle la pesante eredità spallettiana. Eppure, la sua prima stagione è rimasta incagliata nell’immaginario collettivo, non tanto per il 3° posto in classifica e relativa qualificazione nell’Europa che conta, ma per la straordinaria cavalcata in Champions conclusa in semifinale contro il Liverpool, solo per via di arbitraggi discutibili. Ma la vera gemma è stata lucidata nel ritorno dei quarti, il 10 aprile 2018, in occasione della ormai storica “remuntada” (3-0) ai danni del Barcellona di Messi.
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Eusebio, perciò, all’inizio della sua seconda annata sembrava avere tutto dalla sua parte: risultati, senso di appartenenza, amore dei tifosi. Il rinnovo di contratto fino al 2020 era parso un gesto doveroso. Invece il 7 marzo 2019, ad appena 7 mesi dall’inizio del campionato, veniva esonerato con la squadra al 5° posto, a tre punti dalla zona Champions, e dopo essere stato eliminato dal Porto negli ottavi di Champions, anche qui con parecchio da recriminare. Gli voltarono le spalle quasi tutti. Dalla proprietà – di cui forse aveva avallato fin troppo il mercato – al tifo, per il quale era passato da eroe a cialtrone in una manciata di settimane. Di Francesco è stato il 4° allenatore della storia della Roma come media punti, ben al di sopra del 13° posto di Mourinho. "Quell’addio fu colpa anche mia. Non ho saputo gestire la situazione mentalmente", ha detto due giorni fa Eusebio, che oggi probabilmente non sarà rimpianto da nessuno dei sessantamila dell’Olimpico. Eppure, oltre ai risultati, anche questo è un modo per essere Special.
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