rassegna stampa

Ricorda Grillo ma è nel Sistema

(Gazzetta dello Sport-M.Cecchini) In fondo per essere un Grillo (Beppe, e non solo) occorre non perdere la vocazione naturale al salto.

Redazione

(Gazzetta dello Sport-M.Cecchini)In fondo per essere un Grillo (Beppe, e non solo) occorre non perdere la vocazione naturale al salto. In questi giorni di euforia post-elettorale, ad esempio, l'ex comico ha imparato a zompettare qua e là per difendersi sia dagli attacchi furenti che dagli abbracci interessati. Nessuna sorpresa: in questo momento da un Grillo (Beppe, e non solo) si pretende coerenza e libertà da qualsiasi gabbia. Ecco, c'era un tempo in cui Zdenek Zeman assomigliava a un Grillo (Beppe, e non solo). Sapeva saltare benissimo — persino dalla Lazio alla Roma: quasi una eresia — e nello stesso tempo parlare con sincerità tagliente. Il boemo era anti-sistema, anti-casta (soprattutto juventina), anti-doping (col trattino), per certi versi quasi anti-modernità. Vinse e perse quasi contemporaneamente, pagando (anche) per certe sue battaglie con 13 anni di esilio dal calcio che conta.

Fino alla splendida cavalcata di Pescara il tempo per lui sembrava essersi fermato. Il calcio era sempre il solito e la vocazione da Grillo (Beppe, e non solo) pareva la stessa. Se avete dei dubbi, rileggete questo passaggio di una bella intervista rilasciata al «Corriere dello Sport» nell'ottobre 2011. Domanda: che cosa ne pensa degli americani che hanno acquistato la Roma? Risposta: «Sono abituato al calcio vecchio: per me il presidente deve essere il primo tifoso della squadra e un appassionato, deve avere vissuto dietro la squadra per tanto tempo. Questa mi sembra una operazione economica. Non è il mio ideale. Anche se oggi per fare calcio ci vogliono soldi».

Ad un anno di distanza, che cosa è successo? Nulla di strano. Il Grillo (Beppe, e non solo) si è semplicemente trasformato in un grillo diverso, cioè abilissimo a saltare, un po' meno a tenere la linea. Non solo, se si pensa che a settembre aveva tuonato come il calcio dovesse stare «fuori dalla Borsa e dalla finanza» seduto sulla panchina di una Roma presieduta da un magnate americano, quotata a Piazza Affari e controllata al 40% da uno dei maggiori colossi bancari europei, UniCredit, che esprime anche il presidente della Lega di Serie A, si capisce come il salto sia stato grande. O forse meno di quello che si pensi, visto che negli anni laziali il suo presidente era Sergio Cragnotti, che ha attraversato la finanza italiana con la spregiudicatezza di un 4-3-3 boemo. L'ultima magia, però, anche per Zeman risulterà impossibile. In quella intervista definiva Zarate «il giocatore ideale per me». Probabile, ma questo salto sarebbe troppo grande per tutti. Anche per i grilli parlanti.