Zdenek Zeman era stato ben felice, nel 2012, di allenare alla Roma Daniel Osvaldo, ma aveva chiesto al club pugno di ferro nel gestirlo e massimo supporto nelle decisioni, anche dure, che avrebbe preso per farlo rigare dritto. I dirigenti gli dissero di sì, ma poi alle parole non seguirono i fatti e l’esempio della fuga dell’attaccante dall’Adriatico, avallata dal club, fu uno dei primi grandi momenti di rottura tra il boemo e i suoi dirigenti.
rassegna stampa
Quella Roma di Zeman disintegrata nel tempo
Della stagione 2012-2013 sono rimasti solo i romani Totti, De Rossi e Florenzi con Lobont. Un ricambio continuo di uomini e idee, ma oggi il boemo ritroverà solo Capitan Futuro
Come riportato nell'edizione odierna de "La Gazzetta dello Sport", quella "mancanza di regole" che Zeman denunciò quando era a Trigoria e ha ricordato anche in questi giorni fa il paio con quello che l’allenatore del Pescara ha aggiunto sul progetto romanista: vendere per necessità e non per scelta, cambiare per motivi economici e non generazionali. I numeri, almeno sotto questo punto di vista, non lo smentiscono: della rosa che si trovò ad allenare nel 2012-13 sono rimasti in 3 (più Balzaretti come dirigente e Castan, che è ancora di proprietà del club giallorosso), guarda caso gli unici romani. E con Florenzi e Totti infortunati, oggi ritroverà il solo De Rossi.
Al centrocampista non faceva impazzire Zeman, a Zeman non piaceva il modo di giocare di Daniele, tanto che gli voleva preferire Verratti, ma una volta perso il suo pupillo puntò su Tachtsidis. E i fatti, cioè il rendimento del ragazzo e della Roma tutta, non gli diedero ragione. La rivoluzione romanista ha portato negli anni soldi e crescita del fatturato, risultati no, visto che nelle coppe l’unica finale è arrivata proprio 4 anni fa grazie a Zeman, e in campionato la storia è nota.
(C. Zucchelli)
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