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Prohaska: “Volevo rimanere alla Roma per sempre. Conti è un fratello”

Prohaska: “Volevo rimanere alla Roma per sempre. Conti è un fratello” - immagine 1
Le sue parole: "Il presidente Viola, addolorato, mi disse che avrebbero dovuto vendermi e così tomai all’Austria Vienna. Quel giorno è stato il più brutto della mia carriera"
Redazione

Herbert Prohaska, ex giocatore di Roma e Inter, ha rilasciato un'intervista a La Gazzetta dello Sport. Queste le sue parole sull'avventura nella Capitale negli anni 80:

Dopo il Mondiale 82, ecco la Roma. Il Guerin Sportivo titolava "Herr Più" con la sua foto... "Primo anno con due stranieri, io e Falcao. Era una Roma un po’ brasiliana, perfetta per me. Giocavamo a zona, uno due tocchi, sfruttavamo il fuorigioco. Il segreto, però, era Liedholm, un genio diverso da Bersellini: parlava poco, gli bastava uno sguardo, ci lasciava giorni liberi che oggi sarebbero impensabili. In quel gruppo sono in contatto con Bruno Conti, fratello per la vita: gli ho appena fatto gli auguri per i 70 anni. La festa per lo scudetto è stata talmente incredibile che, a vedere le immagini a distanza di anni, i miei nipoti sono diventati romanisti. Resto austriaco, ma ammetto che al centro-sud si festeggia in modo diverso".

Perché è stata breve la sua vita romana? "Avrei voluto durasse per sempre, in quale altro posto avrei trovato 15° in inverno? Dopo lo scudetto sembrava che Falcao dovesse andare via e avevano preso Cerezo al suo posto. Poi decise di restare e c’era uno straniero di troppo: il presidente Viola, addolorato, mi disse che avrebbero dovuto vendermi e così tomai all’Austria Vienna. Quel giorno è stato il più brutto della mia carriera: se fossi rimasto, magari oggi la mia famiglia parlerebbe romano e non tedesco".

A proposito di tedesco, che si intende davvero con il suo soprannome “Schneckerl”? "È un gergo austriaco, in Italia per anni l’avete tradotto letteralmente come “lumachina”: l’associavate alla lentezza, ma io correvo parecchio. Il termine si riferiva, invece, alla pettinatura che portavo da giovane: capelli lunghi e mossi, appunto “schneckerl” in dialetto viennese".