rassegna stampa

Il Principe e la sua Roma Poche gioie, tanti dolori Una grande storia d’amore

Tutti i romanisti che venticinque anni fa erano bambini avevano il poster di Giannini in camera. Oggi il capitano compie 50 anni.

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Il titolo nobiliare che gli conferì il Roscio , al secolo Odoacre Chierico, col passare degli anni è un po’ decaduto, per non dire peggio, tali e tanti sono stati gli scivoloni sportivi, abbinati oltretutto a qualche inciampo giudiziario. Tuttavia, per una generazione di romanisti, che oggi si scopre improvvisamente invecchiata, resterà per sempre l’unico inconfondibile Principe . Giuseppe Giannini compie 50 anni e il traguardo appare incredibile a chi lo ricorda ancora con la maglia giallorossa, il numero dieci, la chioma fluente che faceva impazzire le ragazzine, l’incedere elegante e quel «colpo sotto» con cui scucchiaiava il pallone, non per segnare un rigore, come avrebbe fatto più avanti Totti, ma per mandare in porta l’attaccante, preferibilmente il tedesco volante, alias Rudi Voeller. 

QUANTA SFORTUNA  Il tempo avanza e la sua crudeltà sta nel passare inosservato, salvo poi presentarti il conto. Sarà per questo che certi momenti, vissuti venti o trenta anni fa, sembrano accaduti l’altro ieri. Almeno, così li ricordiamo, soprattutto quelli che hanno conquistato un angolino in fondo al cuore. Restano lì per tutta la vita, dormienti, e ogni tanto, senza chiedere il permesso, si svegliano e bussano, colpendoti sotto la cintura. Per tutti i romanisti che venticinque anni fa erano bambini e, quindi, avevano il poster di Giannini in camera (Totti compreso), ogni è uno di quei giorni. E così, uno dietro l’altro, riaffiorano ricordi, immagini, gioie e dolori – in una parola, emozioni – di una Roma a suo modo irripetibile. Di passaggio tra due epoche, povera di successi, eppure straordinariamente amata. Stretta tra la grande Roma degli anni Ottanta e quella che sul finire dei Novanta avrebbe gettato le basi per i successi del Duemila, esattamente come il suo maggior interprete, Giannini appunto, rimase schiacciato tra l’eredità di Falcao e la successione di Totti. Una condizione difficile, di cui ha sofferto, forse anche per una personalità fin troppo principesca , e di cui poco si è tenuto conto nel valutarne la carriera, oltretutto poco assistita dalla fortuna. Quante volte Giannini e la sua Roma sono arrivati ad un passo dalla gloria e ne sono stati scippati sul più bello: il suicidio con il Lecce, le finali amarissime con Inter e Torino, lo shock con lo Slavia Praga, i drammi calcistici che hanno puntellato il decennio di Giannini, come, con la maglia della Nazionale, fu il Mondiale del ‘90, praticamente vinto, poi rovinosamente perso. 

UNA FAVOLA  Avrebbe meritato molto di più. Certamente, fu inspiegabile l’ostracismo che gli riservò Ottavio Bianchi, ingrate le censure che gli rivolse Franco Sensi e assurdo il comportamento dei romanisti nel giorno del suo addio al calcio. Per quel poco o tanto che vale, nel giorno del suo 50° compleanno è più giusto ricordarlo per quel gol al Benfica, quel pianto disperato a Foggia e, sì, anche per quel colpo di testa allo Slavia Praga. Nonostante tutto, è stata una bella favola. Vero Principe ?