rassegna stampa

Possesso palla e aggressione: così DiFra studia trappole

Lavori su scorrimento, riconquista e verticalità. Il tecnico: "Guai ad aver paura"

Redazione

Raccontano che in principio ci sia stato Cruijff, poi sia venuto Van Gaal e infine il Verbo sia stato dispensato al mondo da Guardiola. Parliamo dell’addestramento principe sul possesso palla, che caratterizza da tanti anni il gioco del Barcellona. I Padri Nobili non spaventano la Roma, perché nel centro tecnico di Coverciano è nozione comune che l’allenatore italiano che sappia sviluppare meglio questo tipo di esercitazione è Eusebio Di Francesco, scrive Massimo Cecchini su "La Gazzetta dello Sport". "Il primo pensiero è sempre quello di far morire il prima possibile il gioco degli avversari – spiega l’allenatore giallorosso –. La riconquista della palla alta e le transizioni diventano determinanti per far male all’avversario".

Il vangelo laico su un lavoro del genere, in Italia, è quello di Maurizio Viscidi. Si chiama: "Giochi di posizione". Tra gli esercizi sul possesso palla, quello a più ampio respiro è il 7 contro 7, con 3 giocatori jolly che sono sempre in appoggio di chi tiene palla. Ci sono alcuni concetti di base: passaggi precisi, forti e rasoterra, smarcamenti e controlli orientati. I giocatori, poi, devono mantenere le posizioni di base e far scorrere la palla dall’alto verso il basso e in modo orizzontale (ad esempio: centrale difensivo, terzino, esterno alto, centravanti e viceversa), appoggiandosi anche sui jolly di centrocampo per i triangoli. La differenza col «possesso caos» sta appunto nel non muoversi dalle posizioni di base per cercare di evitare la riconquista che, a differenza del torello, non si ottiene solo nel toccare la palla ma nell’entrarne in possesso. A quel punto i jolly appoggiano i nuovi «padroni» e si ricomincia.

In questi giorni Di Francesco ha lavorato molto in questo senso, applicando però una variante consigliata che non sempre si vede nel calcio spagnolo. Al 10° tocco da parte di un giocatore diverso, infatti, è necessario che le punte cerchino la profondità e vadano a fare gol in una delle porticine piazzate ai limiti di ciascuna area di rigore. Perciò, a differenza di quanto solitamente succede nel Barcellona, a volte alla Roma viene prevista anche la verticalizzazione con palla alta. Per farlo occorre un’aggressione coordinata del portatore di palla, con i giocatori pronti a scalare su quelli più vicini, correndo però il rischio di lasciare liberi quelli lontani dal pallone. "Ovviamente occorre scegliere i tempi giusti, cercando di indirizzare le pressioni. Riuscire a venir fuori da un’aggressione può creare parità numerica, e quando si va in attacco, bisogna cercare di isolare la fascia che scegli, creando l’uno contro uno". Naturalmente con tali principi i rischi non mancano. "Sapete cosa fa impaurire maggiormente un calciatore? Se va a fare pressione e magari non riesce a farla bene, viene un po’ di timore. Ma è l’errore più grande. La forza sta nell’andare a rifarla subito perché la paura non aiuta".