Se i risultati si misurassero con le parole, Stefano Pioli e Rudi Garcia oggi sarebbero a pari punti. Perché tutti e due hanno commentato il sorpasso della domenica appena trascorsa con un lapalissiano «i conti si fanno alla fine». Tutto vero, eppure qualche somma può già essere tirata. Se la Lazio è figlia riconosciuta del suo allenatore, la Roma adesso fatica a specchiarsi nella guida tecnica, non così in grado di incidere nella testa dei suoi giocatori come accaduto nella stagione scorsa.
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Pioli ha retto agli scossoni. Garcia e l’alibi di gennaio
I due allenatori di Roma e Lazio, parlando della corsa al secondo posto, dicono entrambi che «i conti si fanno alla fine»
QUI STEFANO Difficile trovare un difetto alla Lazio in questo momento. E il merito è quasi tutto del suo allenatore. Che ha avuto la bravura e la testardaggine di imbastire un progetto di gioco molto ambizioso e continuare ad inseguirlo anche dopo i momenti difficili. Che sono stati tre: all’inizio (tre k.o. nelle prime 4 giornate), a novembre (un punto in tre partite) e poi tra gennaio e febbraio (tre sconfitte in quattro gare). Superati gli scossoni la PioLazio ha cominciato a volare, rimontando punti e posizioni in campionato e conquistando un’insperata finale in Coppa Italia. Il tutto con un gioco che piace e diverte. Il difficile (o il bello) viene ora. Perché dopo aver sorpreso e ribaltato i pronostici, Pioli deve dimostrare di saper gestire anche le tensioni di una volatona lunga 45 giorni. Se ci riesce si ritaglierà un posto nella storia del club. E intanto c’è chi lo rimpiange: «Il suo licenziamento fu un mio errore. Mi sto ancora mangiando il cappello», ha ammesso ieri Zamparini che a Palermo lo esonerò prima ancora di cominciare la stagione.
QUI RUDI La Roma invece sembra quel paziente che si è reso conto della sua malattia troppo tardi. E ora pian piano si sta ripensando, ma è una trasformazione faticosa, chissà se alla fine produttiva. Di sicuro una trasformazione obbligata: l’obiettivo è subire in campo il meno possibile, perché lì davanti manca un riferimento degno di questo nome che faccia gol, tanti gol. Il nodo è sempre lo stesso, il mercato di gennaio è l’alibi che Garcia può sventolare, oltre che il motivo della grande freddezza con qualche anima di Trigoria. Non è una questione di nomi, ma di tempistica. Non è un problema che a Roma siano arrivati Doumbia e Ibarbo per «rinforzare» l’attacco. È un guaio, piuttosto, che siano arrivati un mese dopo — nel caso di Doumbia anche oltre — la partenza di Gervinho e Keita per la Coppa d’Africa e ben più tardi della cessione di Destro. Tutto il resto, i due mesi successivi, sono la conseguenza: ecco il pensiero dell’allenatore francese. Anche lui però finito davanti a un bivio: l’alibi in fondo gli viene riconosciuto da più parti. Ma non è così forte da giustificare il terzo posto.
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