José Mourinho ha ottenuto la stragrande maggioranza dei suoi successi puntando sulla difesa a quattro, con cui ha messo le fondamenta dei suoi primi venticinque trionfi in carriera, scrive Massimo Cecchini su La Gazzetta dello Sport. Quello numero ventisei – la vittoria della Conference League alla guida della Roma – è arrivato invece con la retroguardia a tre. Morale: nella vita è lecito cambiare, tanto più che un tecnico, per catechismo lavorativo, dovrebbe adattarsi alla rosa che ha a disposizione.
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Vero che uno come lo Special One è stato quasi sempre abituato a farsi costruire le squadre a propria immagine e somiglianza, ma un vulcano come il portoghese non si ferma mai e così, dopo averla provata anche col Tottenham, anche nella scorsa stagione, fino alla partita in trasferta contro il Venezia, in autunno, il mantra era sempre quello della difesa a quattro. Poi la svolta, che lentamente ha cominciato a produrre frutti. Naturalmente, in tante occasioni Mourinho l’ha riproposta a partita in corso, sempre quando si doveva recuperare il risultato, e molte volte l’effetto benefico sul gioco offensivo si è visto. Inutile dire che durante la fase di preparazione lo Special One l’abbia preparata con cura così come il sistema di gioco di base e perciò non sorprende l’efficacia dimostrata due giorni fa contro la Juventus.
C’è da aspettarsi che Mourinho da ora in poi torni a puntare sul prediletto 4-2-3-1? Non proprio.
Il mantra della solidità difensiva resta fondamentale per il suo stile di gioco, ma è innegabile che, con la qualità che in questa stagione la dirigenza gli ha messo a disposizione nel reparto avanzato, la tentazione di sfruttarla al meglio prende quota.
Tra l’altro, non bisogna dimenticare che nessuno tra Mancini, Smalling, Ibanez e Kumbulla è un centrale particolarmente bravo nella impostazione, così da rendere utile a volte l’innesto di un mediano basso che faccia uscire subito bene la palla cominciando la manovra dal basso. D’altronde, se si scegliesse la difesa a quattro, in rosa Mourinho potrebbe sfruttare anche le caratteristiche di Celik, che come esterno di destra rispetto a Karsdorp sembra essere più “bloccato” – e quindi per certi versi più utile – quando non si vuole correre rischi. Alla luce di tutto questo, perciò, la sensazione è che in questa stagione il ritorno al 4-2-3-1 non sarà solo una estemporanea fioritura estiva.
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