Gli è bastato guardare negli occhi, anche solo per un attimo, i tifosi che lo aspettavano fuori dallo stadio per decidere di fermarsi. Non importava che con lui ci fosse Pau Lopez, che la sua piccola Martina reclamasse giustamente il papà e non sentisse neppure la stanchezza dopo una partita così intensa: dopo la standing ovation dell’Olimpico, Javier Pastore aveva voglia di godersi ancora l’affetto dei romanisti, scrive Chiara Zucchelli su "La Gazzetta dello Sport". L’ha fatto per un quarto d’ora abbondante quando ha lasciato lo stadio, prima di una meritata domenica di riposo.
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Pastore ora è rinato: “Prima non mi sentivo importante”
Il fantasista acquisisce minutaggio e conquista i tifosi: "Faccio cose che invece un anno fa non mi riuscivano"
Erano anni che non si sentiva così bene e il riferimento non è solo alla prima stagione con la Roma, ma anche all’ultima con il Psg: il fisico dà le risposte giuste, la testa viaggia a mille e non può essere un caso che contro la Samp abbia recuperato 11 palloni, come non gli accadeva in Serie A da 9 anni.
Mentre Fonseca dribbla i complimenti e dice "Il merito è solo suo", Pastore ci tiene a riconoscere l’importanza di un allenatore che fin dal primo giorno lo ha fatto sentire parte del gruppo: "La scorsa stagione non mi sentivo considerato, ora è tutto diverso". Alla quinta partita di fila, Pastore sembra non volersi fermare. Sa che dovrà gestirsi per mantenere questa forma: "Prima ci mettevo tre giorni a recuperare, poi due, adesso dopo un giorno sto bene e questo è importante – spiega–. Finalmente posso fare cose che prima non mi riuscivano e vedere i miei compagni correre così fa venire voglia anche a me di fare una corsa in più. Siamo una cosa sola, abbiamo fiducia, così potremo arrivare lontano".
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