«Gli uomini veri formano una squadra. E noi non siamo solo uomini, siamo uomini veri». Niente lacrime, per quelle magari ci sarà spazio e tempo più avanti, anche se qualcuno ieri a sentir parlare il presidente si è quasi commosso. Perché James Pallotta quando vuole arrivare fino al cuore delle persone ci riesce anche: le coinvolge, le entusiasma, sa trascinarle. È successo anche ieri, a Trigoria, quando tra un impegno istituzionale (Cda, con l’approvazione delle nuove cariche e del bilancio 2014) e una riunione di lavoro (con il d.g. Baldissoni ed il d.s. Sabatini, ma non solo, fino alla cena di ieri sera in centro), ha parlato a tutta la squadra. «A Manchester siete stati bravi, andate avanti così, ora andiamo a Torino per vincere», il succo del discorso. Come sempre semplice ma umano, diretto e vivace, interrotto solo dallo sketch di Francesco Totti: «Vabbè, ma ora parliamo di cose serie: se vinciamo lo scudetto che succede?», ha detto scherzando il capitano. E giù risate per tutti, perché lo spirito che si respira in questa Roma è di grande compattezza ed unione.
rassegna stampa
Pallotta alla Roma «Siamo una squadra fatta da uomini veri»
Quando il presidente giallorosso vuole arrivare al cuore dei tifosi giallorossi, ci riesce. Nonostante le spese siano aumentate, i ricavi operativi sono in crescita.
RICAVI E PLUSVALENZE - Pallotta, tra l’altro, ne ha di motivi per sorridere. Non fosse altro perché ieri è stato approvato il bilancio 2014, con le perdite nette consolidate in calo del 3,9% (da 40,1 a 38,6 milioni di euro) ed i ricavi operativi in crescita del 3% (da 124,7 a 128,5 milioni, con la prospettiva il prossimo anno di salire fino a 180-190 grazie alla Champions). Questo nonostante le spese del personale siano aumentate (+14,2%, da 94,2 a 107,6 milioni). A fare la differenza vera, però, ci sono i 56 milioni di plusvalenze provenienti dal mercato, un dato per cui Pallotta benedice ogni giorno di più Sabatini. E chissà se il presidente giallorosso, dopo aver salutato i consiglieri uscenti in quota UniCredit, non abbia sottolineato anche questo a quelli nuovi, nel Cda molto veloce che è andato in scena ieri tra Trigoria e l’America.
COME LUI MAI NESSUNO - Con queste premesse, Pallotta si gode una Roma capace di farsi rispettare in Europa e pronta anche a dare l’assalto alla Juventus in Italia. Succederà domani, una sfida a cui il presidente giallorosso (da oggi a Torino) assisterà dal vivo, al fianco di Andrea Agnelli, prima di volare verso Londra, per partecipare all’evento organizzato dalla Leaders a Stamford Bridge. Una sfida che Pallotta spera possa contribuire a consolidare ancora di più il suo bilancio in giallorosso: dal 27 agosto 2012, giorno in cui è diventato ufficialmente presidente, viaggia ad una media di due punti a partita (162 in 81 gare). Nella Roma nessun presidente aveva fatto meglio prima di lui: Rosella Sensi si è fermata a 1,81 (114 gare), papà Franco a 1,72 (526), Dino Viola a 1,65 (372 gare, compreso il periodo da gennaio ad aprile 1991, con in carica la moglie Flora), Thomas DiBenedetto a 1,47 (38), Giuseppe Ciarrapico a 1,38 (68). Ecco perché Pallotta, a conti fatti, si augura che il pronostico di Carlo Ancelotti sia quello più giusto. «Difficile dire come andrà a finire la partita di domani — ha detto l’allenatore del Real Madrid — Spero possa essere una bella partita per migliorare l’immagine del calcio italiano. Sullo scudetto però mi voglio sbilanciare, per me lo vincerà la Roma...».
STRATEGIE FUTURE - Del resto, proprio l’ingresso nel Cda di uomini forti dell’economia americana (oltre a Stanley Philip Gold e Barry Sternlicht, anche Cameron Neely, John Galantic e Charlotte Beers) è l’altro elemento che ha messo di buonumore Pallotta, anche se il presidente è uno che perde difficilmente il buonumore. Con loro, non solo la Roma è più solida, ma anche l’operazione stadio ha fatto un passo in avanti. Chi entra nella Roma, contribuirà (chi più, chi meno) anche all’impianto di Tor di Valle. È la strategia di Pallotta, soci forti per un club forte. Tanto, poi, il 79% resta sempre nelle sue mani, proprio come l’ultima parola. Quella detta ieri alla squadra è una sola: «Vincere». Dove? A Torino.
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