Nell’ultima foto postata sul profilo Facebook, preludio di un’altra serata all’insegna della violenza alcolica, i suoi compagni di tifo, birra e musica hardcore — in una parola, «gabber» , come amano definirsi — siedono intorno ad un tavolo in una trattoria a Campo de’ Fiori, con la pancia gonfia e l’espressione poco intelligente. Sulla tovaglia, campeggiano sei caraffe come grattacieli, ovviamente vuote. Poche ore dopo, in quella stessa piazza, Robbert Jan Bijlsma e gli altri gabber del Feyenoord, gonfi di nuova birra e chissà cos’altro, ingaggeranno una battaglia con gli agenti del reparto Mobile richiamati dal comportamento degli ultrà olandesi, cercando di ferirli con bottiglie di vetro e, una volta bloccati, colpendoli con calci e pugni. Sono le 22 circa di mercoledì, vigilia di Roma-Feyenoord. Campo de’ Fiori è il primo campo di battaglia. Il più facile per la polizia, che è appostata nei pressi e in breve tempo irrompe e ne arresta 23. Il mattino dopo, a piazza di Spagna, sarà tutt’altra storia, anche perché si alzerà il livello dello scontro. Bijlsma viene beccato con altri sette: sono otto dei 19 condannati per direttissima, tutti per rissa, lesioni e resistenza, e rispediti in patria senza passare dall’Olimpico. Giovani (il più anziano, Michel Frank De Wee, ha 28 anni), dalle foto sembrano ragazzi normali, possessori del corrispettivo olandese della tessera del tifoso, di famiglia benestante, qualcuno è imprenditore, chi fa affari nell’e-commerce, chi gestisce una compagnia di taxi. Bijlsma ha appena 20 anni, e sul suo profilo Facebook racconta di lavorare come operatore di una società di servizi svizzera. Non è un poveraccio. E infatti, quando il giudice con cui patteggia sei mesi gli propone di convertire la pena in una multa di 40mila euro, non batte ciglio. Anzi, raccontano che si sia fatto una bella risata. «Io i soldi ce li ho». Pagherà entro 15 giorni.
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Oranje meccanica
«La nostra città ha accolto con orrore la notizia del comportamento inaccettabile dei tifosi del Feyenoord — ha scritto il primo cittadino di Rotterdam —. A lei e alla Città Eterna il nostro sostegno»
FRATELLI MAGGIORI E MINORI«Nella tifoseria del Feyenoord c’è un po’ di tutto — ha raccontato ieri alla tv olandese Christian Visser, un avvocato noto per difendere gli ultrà —: laureati, semianalfabeti, manager, operai, imprenditori, disoccupati, pregiudicati. Inutile cercare di catalogarli per estrazione sociale o appartenenza politica. Quando seguono il Feyenoord, sono tutti fratelli». O gabber, termine mutuato dalla musica hardcore nata a Rotterdam alla fine degli anni Novanta, spesso abbinata a droga e violenza. Ma ci sono fratelli maggiori e minori, delinquenti abituali e tifosi che ogni tanto sbandano. In cima, la crema è rappresentata dai famigerati hooligan, gli ultimi duri e puri rimasti in Europa. Membri del Real Sport Club Feyenoord e delle Het Legionen. Da quarant’anni ovunque vadano lasciano una scia di morti, feriti, sangue e antisemitismo. Sono animali e sono incontrollabili, anche per la polizia olandese (e infatti i nove funzionari giunti da Rotterdam, in teoria a sostegno dei colleghi italiani, non ci hanno nemmeno provato). A Roma, dove sono arrivati con itinerari alternativi per sfuggire ai controlli aeroportuali (molti passando attraverso il Belgio), erano una percentuale minore, ma comunque consistente, dei seimila al seguito del Feyenoord: cinquecento, forse anche di più. «Mine vaganti, senza un’organizzazione, gente per cui essere hooligan è uno stile di vita. E molti pregiudicati e spacciatori», racconta un funzionario di Polizia che li ha seguiti per 48 ore. Qualcuno armato di coltelli e taglierini, che le forze dell’ordine hanno fortunatamente intercettato. I primi sono arrivati addirittura martedì. Due giorni di alcool e droghe, fino al saccheggio di piazza di Spagna. «Dove — racconta sempre la stessa fonte — il gruppo si è gonfiato di altri cinque-seicento scalmanati, non dello stesso livello, diciamo aspiranti hooligan». Più di un migliaio, ubriachi e pronti a tutto.«Armati di sassi, bastoni e bombe carta, alcune enormi. Ci hanno tirato addosso tutto quello che avevano», racconta uno degli agenti colpiti. Di fronte a queste testimonianze, si comprende meglio, forse, perché nel salotto di piazza di Spagna, tra turisti, cittadini e bimbi in uscita dalle scuole, la polizia abbia scelto di contenere l’orda, non caricarla. «Abbiamo evitato il peggio — ha spiegato il Questore Nicolò D’Angelo —, volevano raggiungere lo stadio in corteo, glielo abbiamo impedito». Anche perché c’erano 600 romanisti che li aspettavano su ponte Duca d’Aosta (come riferiamo qui sotto).
INDAGINE INTERNAZIONALE Ma solo in sei sono stati arrestati e portati a Regina Coeli, accusati pure del reato di devastazione. «Siamo pronti a offrire la nostra collaborazione per individuare tutti gli altri colpevoli — ha fatto sapere ieri il capo della polizia di Rotterdam Frank Paauw —. Una squadra speciale di investigatori analizzerà tutti i filmati degli scontri». Un bel gesto, come la lettera che il sindaco Ahmed Aboutaleb ha inviato al collega Marino: «La nostra città ha accolto con orrore la notizia del comportamento inaccettabile dei tifosi del Feyenoord — ha scritto il primo cittadino di Rotterdam —. A lei e alla Città Eterna il nostro sostegno». E chissà se servirà ad alleggerire la tensione in vista della partita di ritorno.
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