L’hanno già ribattezzata "Stadio capitale". Un’inchiesta che continua a crescere, svelando la rete impressionante di relazioni politiche e affaristiche che il "sistema Parnasi" aveva messo in campo, per facilitare l’arrivo al traguardo del dossier Tor di Valle, confidando che un giorno si sarebbe rivelato l’apripista di nuovi e lucrosi affari, scrivono Catapano e Piccioni su "La Gazzetta dello Sport". Un lavoro che rischia di dare un’altra spallata all’amministrazione Raggi, di mettere in imbarazzo il neonato governo giallo-verde e, per quel che interessa i romani e i romanisti, mettere una pietra sopra il progetto stadio.
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Ora la Roma ha fretta: “Pazienza al limite, subito le verifiche”
Incontro in Campidoglio con la Raggi: "Salvaguardiamo il lavoro di questi anni". Salvini: "Si costruisca lo stadio"
"Spero non ci vadano di mezzo i romani e che chi ha sbagliato paghi – dichiara il ministro dell’Interno Matteo Salvini –. Però lo stadio qualcuno lo costruisca, perché la zona è in abbandono e merita di essere a disposizione dei cittadini". "Spero che i magistrati facciano in fretta – aggiunge – e dicano presto se e chi ha sbagliato". E fretta invoca anche il direttore generale della Roma Mauro Baldissoni, che ieri mattina ha chiesto e ottenuto udienza dalla sindaca. "Abbiamo ritenuto necessario fare un punto con lei per capire quali sono i passaggi procedurali da seguire per salvaguardare il lavoro fatto in questi anni", dirà alla fine in un video congiunto con la Raggi, che poco dopo sarà ascoltata in Procura come testimone, chiamata a spiegare ai magistrati la natura del rapporto di consulenza con Lanzalone. "Noi partiamo da quanto affermato dalla Procura, per la quale tutti gli atti sono apparentemente corretti – dichiara la sindaca –. Tuttavia, per rispetto dell’amministrazione, dei cittadini, della società Roma, effettueremo immediatamente una verifica, e se sarà positiva, il lavoro ripartirà. Noi vorremmo proseguire questo progetto – ribadisce – nel solco della legalità".
Facile a dirsi, molto meno a farsi. Per tanti motivi: la necessità di attendere il prosieguo dell’istruttoria, la difficoltà di avere in tempi ragionevoli una parola chiara e autorevole sulla legittimità degli atti, il comprensibile imbarazzo che avranno, nel caso, i consiglieri comunali che fossero chiamati in queste condizioni ad approvare la variante al piano regolatore, il fatto che l’ultima parola comunque spetterà alla Regione. Tutte queste cose le conoscono benissimo i dirigenti della Roma (Baldissoni era accompagnato dal chief executive officer Guido Fienga), che nell’oretta scarsa trascorsa in Campidoglio, in realtà, hanno risposto in modo molto deciso alle sollecitazioni della sindaca, che gli ha chiesto quali fossero a questo punto le intenzioni di James Pallotta. "È disponibile ad andare avanti, ma non vuole perdere altro tempo, la sua pazienza è al limite e un altro anno di attesa lo spingerebbe a mollare tutto. Siamo la vera parte lesa in questa vicenda e a questo punto vogliamo essere tutelati", il senso del messaggio trasmesso a Virginia Raggi.
La Roma deve comunque prepararsi un piano-B, nel caso in cui la situazione precipitasse e il progetto naufragasse definitivamente, e non può che essere la richiesta di un maxi risarcimento dei danni subiti (e dei soldi già investiti, circa 60 milioni di euro), anche se oggi è difficile individuarne i destinatari, se Parnasi in carcere e senza liquidità o il Comune che, nel caso, proverebbe a dimostrare di esser stato la prima vittima dei traffici di Lanzalone. Ieri sono scattati gli interrogatori. Parnasi si è avvalso della facoltà di non rispondere, ma fa sapere di essere pronto a "collaborare con i pm". Qualcuno dei suoi collaboratori ha ammesso alcune delle condotte corruttive contestate. Lanzalone ha proclamato per tre ore la sua innocenza. Ma siamo solo all’inizio.
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