rassegna stampa

Nuovo stadio: ci siamo. Soldi, strade, ambiente. Tutti i dubbi da chiarire

(Gazzetta dello Sport – A.Catapano) Gli entusiasti per natura ci perdonino se a poche ore dalla presentazione del progetto-stadio di Tor di Valle, più che eccitarci per i lustrini e le paillettes o la diretta mondiale su youtube,

finconsadmin

(Gazzetta dello Sport - A.Catapano)Gli entusiasti per natura ci perdonino se a poche ore dalla presentazione del progetto-stadio di Tor di Valle, più che eccitarci per i lustrini e le paillettes o la diretta mondiale su youtube, ci preoccupiamo dei buchi neri che questa grande (si vedrà se anche grandiosa) operazione continua a non chiarire. Le poche certezze che abbiamo, oltretutto, generano ulteriori inquietanti interrogativi.

COSTI Sappiamo che il progetto Meis-Pallotta prevede la costruzione di uno stadio da 50-55mila posti, campi di allenamento, area commerciale, un museo, ristoranti, parcheggi e, forse ma non si sa in che misura, un’area destinata ad edilizia residenziale. Un complesso architettonico da almeno 250-300 milioni di euro. Cui andranno aggiunti gli ormai famigerati costi per le infrastrutture, al momento non quantificabili. Prendiamo per buona la valutazione del sindaco, che pochi giorni fa ha stimato in 1 miliardo di euro i costi totali. E diamo per buona anche la sua promessa: «Non un centesimo uscirà dalle casse pubbliche».

DOMANDE  Dunque, chi tirerà fuori tutti quei soldi per costruire lo stadio con annessi e connessi (soprattutto strade, viadotti, treni, etc...)? La collettività attraverso una tassa di scopo, magari turistica (come fanno negli Stati Uniti)? Investitori privati che Pallotta avrebbe già coinvolto nell’operazione? Ma in cambio di cosa? Di altre cubature edificabili? O di azioni della newco in cui dovrebbe confluire la proprietà dell’impianto? E in questo caso, a chi apparterrebbe il nuovo stadio? Alla Roma? A Pallotta? A Parnasi (che dopodomani è atteso in tribunale per la decisione sul fallimento della Sais di Papalia)? Ad altri costruttori? Alla Raptor? In sostanza, per usare un’espressione cara agli americani, qual è il business plan? Senza contare l’impatto che l’operazione avrà sulla vita del quartiere (il Comune l’ha calcolato?) e il rischio idrogeologico che paventano gli ambientalisti. Pure loro sono i «soliti» allarmisti? Qualcuno risponderà.