Chissà se quando veniva a Roma, da Parigi, con sua moglie, in incognito, per andare al cinema, Javier Pastore immaginava di diventare non solo un giocatore della Roma, ma anche di sentirsi amato dai tifosi con un anno di ritardo, scrive Chiara Zucchelli su La Gazzetta dello Sport. L’argentino, al sito del club, dice di aver accettato l’offerta per sentirsi "di nuovo un calciatore importante", ma forse ci sta riuscendo solo ora.
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Nuovo cinema Pastore: “Ora mi sento importante”
Veniva a Roma da Parigi per vedere film in italiano: «La cosa più importante è come Fonseca ci parla»
I problemi dello scorso anno sono ormai archiviati, così come il rapporto difficile con il club (a volte voleva allenarsi da solo, ma non c’erano preparatori o fisioterapisti) e con Di Francesco. È lui stesso a raccontare come abbia sofferto, comprendendo nel racconto anche la mamma, la tifosa numero uno: "La mia famiglia si è preoccupata tanto, si rendevano conto che qualcosa non andava, venivano qui tutti i mesi facendomi domande sulle mie condizioni. E se riuscivano a rendersene conto loro, figuriamoci i tifosi tutte le domeniche allo stadio. Sono cose che ti fanno riflettere".
Adesso tutto sembra messo da parte: Fonseca lo gestisce bene, in estate gli ha consentito di mettere benzina nelle gambe pensando alla preparazione e non alle amichevoli e lo ha fermato quando era il momento opportuno, i tifosi lo fermano per strada e l’Olimpico gli ha riservato un vero tributo quando contro il Napoli ha corso per cinquanta metri per recuperare un pallone. Contro il Milan ha percorso più di undici chilometri (nessuno come lui), contro l’Udinese ha tenuto una media di otto chilometri per tutta la partita (il migliore dei titolari) e con il Napoli ha recuperato undici palloni: una settimana d’oro. Per sé e per la Roma.
Giovedì in Germania c’è una partita delicatissima di Europa League. Pastore vorrebbe esserci, Fonseca è indeciso se schierarlo o meno, magari per averlo fresco a Parma, ma l’argentino non ha più voglia di fermarsi.
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