Il santo protettore degli allenatori portoghesi passava per i cieli di Udine ieri sera verso le venti e ha guidato la Roma al pareggio insieme al diavolo che induce in tentazione i difensori olandesi: si potrebbe parlare di carattere giallorosso, della voglia di non mollare mai, tutti questi stereotipi però non possono andare bene per questo pareggio, scrive Pierfrancesco Archetti su La Gazzetta dello Sport. Il mani nel recupero di Zeegelaar toglie una vittoria sicura e meritata all’Udinese, mentre il secondo tiro in porta dei mourinhani, proprio il rigore al 94’ di Pellegrini, permette di allungare a otto la serie delle partite senza sconfitta in campionato per la Roma, imbattuta dal 9 gennaio. A una settimana dal derby, e prima di tentare di certificare la qualificazione europea con il Vitesse, è forse questa l’unica buona notizia. Non certo il frullatore finale, quando l’allenatore ha messo in campo tutte le punte possibili, chiudendo con El Shaarawy e Carles Perez finti terzini, ma non è arrivato al gol con un’azione lineare. Bensì con un tocco fortuito su punizione da centrocampo. Mourinho sa che questa non è una rincorsa come quella di Spezia, dà la colpa alla stanchezza e alla mancanza di intensità. Di sicuro non c’è un’idea di gioco, sempre e solo tanta fatica. L’Udinese si gustava già il successo e viene colpita quando pensa di avere in cassaforte i tre punti: poteva chiudere prima, anzi doveva. Ha due occasioni intorno al 90’, respinte da Rui Patricio, che sommate a quelle del primo tempo, fra cui un incredibile traversa-palo di Makengo, fanno pendere la bilancia dei meriti tutti dalla sua parte.
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