rassegna stampa

Moneyball all’italiana? Non ancora ma la Roma ci proverà

L'addio di Sabatini ha aperto il dibattito sulla statistica applicata allo scouting: all'estero funziona, da noi conta di più l'osservazione umana

Redazione

A Boston ha sede il Mit, la migliore università al mondo nel settore tecnologico. Ed è la città dei Red Sox, la squadra di baseball di cui fa parte Bill James, l’inventore della «sabermetrica», cioè delle statistiche avanzate applicate al gioco poi utilizzare e rese famose da Billy Beane, l’uomo di Moneyball che al cinema aveva il volto di Brad Pitt. Premesse fondamentali per capire il contesto da cui arriva James Pallotta, il bostoniano presidente della Roma. Dalla quale se n’è appena andato Walter Sabatini. L’ex d.s. ha spiegato: «Io vivo d’istinto, il mio calcio non può essere riportato alla statistica. Pallotta e i suoi collaboratori invece adorano la statistica e stanno cercando un algoritmo vincente».

La statistica applicata al calcio è il Santo Graal cui tutti danno la caccia da anni, dopo l’esempio del baseball. Da noi, Pallotta è convinto di averlo trovato. Come rivela Alex Frosio su "La Gazzetta dello Sport", si chiama tag.bio ed è un software elaborato da una start-up californiana finanziata, tra gli altri, dal presidente della Roma con 250mila dollari su sollecitazione del figlio Chris, che crede moltissimo nel programma. Tanto da arrivare, appunto, alla rottura con Sabatini. Il quale, pare, sia arrivato al punto di non ritorno quando gli analisti gli hanno proposto l’acquisto di Magnanelli, centrocampista che statisticamente sbaglia meno di Strootman.

L’evoluzione nel campo delle statistiche è costante, per fornire cifre sempre più approfondite. L’«analyst» è una figura che ormai praticamente ogni squadra di alto livello ha inserito nel proprio organigramma. Si tratta tuttavia soprattutto di persone che vivisezionano la prestazione della squadra, mentre l’intenzione di Pallotta sarebbe una rivoluzione. Perché sullo «scouting» vero e proprio gli italiani si affidano ancora all’«occhiometro». Se non vedo, non credo. Perché, fondamentalmente, il calcio - a differenza di quasi tutti gli sport americani - è situazionale, non interamente codificabile. «La velocità di giocata, cioè se uno trasmette il pallone a uno o due tocchi, nelle statistiche non c’è, per esempio. E i dribbling? Non si può stabilire se in campo aperto o nello stretto...», dice l’osservatore di una squadra di A. Che aggiunge: «Il dato statistico è ciò che serve di meno nella valutazione di un calciatore». Non ci sarà analista al mondo capace di quantificare la grandezza del Totti quarantenne.