Oggi la Nazionale vola in Turchia per la partita più triste della nostra storia calcistica, scrive Luigi Garlando su La Gazzetta dello Sport. Mentre domani tanti si contenderanno gli ultimi biglietti per il Mondiale del Qatar, noi giocheremo in amichevole contro un’altra trombata. Dovevamo essere a Oporto davanti a Cristiano Ronaldo, invece affronteremo Burak Yilmaz a Konya, città toccata a suo tempo dalla predicazione di San Paolo. Amen. Sulla torre con il Portogallo salirà la Macedonia. Roberto Mancini, con i suoi ragazzi, ha scritto una favola inattesa. Non può chiuderla con un finale del genere, anche perché sa che nel disastro ci ha messo del suo. Mancini deve dare un senso alla partita più inutile del mondo, quella di domani. Mancini non è rimasto solo per orgoglio, ma anche per la convinzione che il gruppo europeo, ritoccato negli uomini e nel gioco, possa crescere ancora. «Rifondare» è parola sbagliata, perché lo spirito resta lo stesso: calcio dominante e offensivo. Molto meglio: “Sviluppare”. Il calo di Jorginho e l’involuzione di Insigne impongono un ritocco al modulo del doppio-play che è stata la nostra fortuna, ma è diventato prevedibile. Sfruttiamo la ricca batteria di interni: Barella, Tonali, Locatelli, Pellegrini, Pessina… Nel 4-3-3 del Psg, Verratti viene affiancato da tipi tosti: Paredes, Gueye, Danilo… La nuova Italia potrebbe avere meno palleggio, ma più peso, più dinamismo e più verticalità. Qualità importante, perché la nostra forza sono gli esterni offensivi: Berardi, Chiesa, Zaniolo, Spinazzola… Prima ricevono palla in spazi aperti, più possono fare male.
La Gazzetta dello Sport
Mancini non molla da perdente: si riparte da Verratti e dalla potenza di Zaniolo
La nuova Italia potrebbe avere meno palleggio, ma più peso, più dinamismo e più verticalità
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