Nella speranza che il nuovo decreto legge conceda qualche spiraglio alle attività professionali non essenziali, Claudio Lotito insiste, vuole che la Lazio riprenda gli allenamenti la prossima settimana, scrive Sebastiano Vernazza su "La Gazzetta dello Sport". A piccoli gruppi di due o tre calciatori, con opportune separazioni “sociali” negli spogliatoi e con sedute a orari diversi, ma il calcio sul campo è sport di contatto, a meno che Lotito non progetti in questa fase un football diverso, col “distanziometro”, anzi il “lotitometro”, si scherza.
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Lotito pensa ai suoi diritti e dimentica i suoi doveri
Il presidente della Lazio vuole che la sua squadra riprenda gli allenamenti la prossima settimana
Il presidente della Figc, Gabriele Gravina, lascia aperta l’ipotesi che il campionato 2019-20 in qualche modo si chiuda, forse in piena estate e con una maratona a tappe forzate. Molti presidenti di Serie A con pragmatismo hanno preso atto che la possibilità è sempre più remota e che tanto vale accettare l’idea di un torneo “interrotto”. Si assegneranno i posti per l’Europa in base alla classifica attuale e lo scudetto non verrà attribuito: non sarebbe la prima volta e non sarebbe neppure un male, se restasse un buco nell’albo d’oro, a ricordare per sempre la tragedia che stiamo attraversando. Retrocessioni e promozioni saranno il nodo più grande da sciogliere, ma una maniera si troverà. Lotitoperò non molla, vuole che si riparta e si concluda la stagione. Perché lo fa? Perché ha due interessi tangibili. Il primo: teme che evapori una parte dei diritti tv, guai a toccargli il portafogli. Il secondo: la sua Lazio potrebbe vincere il campionato, il che sarebbe un evento eccezionale, se non altro perché spezzerebbe la “Juvecrazia”, la tirannia della Juventus, vincitrice seriale degli ultimi otto titoli. Da un punto di vista umano e sportivo noi Lotito lo capiamo: proprio quest’anno doveva saltare fuori il coronavirus? La logica del perché «proprio a me?» che prima o poi colpisce tutti. Quel che non comprendiamo è la sua ostinazione, ai confini del negazionismo, come dimostra il suo intervento nell’assemblea di Lega in videoconferenza una settimana fa, quello sul virus che "se sta a ritira’", virgolettato che gli è stato attribuito da un retroscenista. Lotito ha quest’aria dal marchese del Grillo - "Io so’ io e voi nun siete un c...", il sonetto del Belli reso universale da Alberto Sordi nel film -, Lotito, dicevamo, tende a “grilleggiare”, la qual cosa a volte lo rende simpatico, ma in altre situazioni lo manda fuori giri, lo scaraventa dalla parte del torto. Di fronte alla pandemia che ha bloccato il mondo si può, per un ragionevole lasso di tempo, fare la conta dei danni, imprecare e vagheggiare una ripresa. Passata tale fase, bisogna farsene una ragione, accettare la realtà, progettare il futuro. Nel caso di Lotito il conto del dare e dell’avere sarebbe lo stesso positivo. La Lazio rientrerà in Champions League, dove, playoff esclusi, manca dal 2007-08. Se guardiamo all’economia spicciola, il pass per l’Europa che conta vale quanto uno scudetto, anzi di più. Garantirebbe, anzi garantirà miglioramenti notevoli in sede di bilancio. Lotito non rimarrà a mani vuote e con lui Simone Inzaghi, più comprensibile del suo presidente quanto a smania di giocare. Un allenatore che fiuta lo scudetto ha il diritto di sperare che la stagione si completi. Lotito, come presidente, ha il dovere della responsabilità: riaprire Formello tra pochi giorni sarebbe un attentato alla salute di troppe persone.
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