Per capire la filosofia e la cultura imprenditoriale della famiglia statunitense Glazer, dal 2005 proprietaria del Manchester United, bisogna frugare nella biografia del fondatore del gruppo, Malcolm, nato nel 1928 e morto nel 2014, scrive Stefano Boldrini su La Gazzetta dello Sport. Origini lituane, Malcolm iniziò a lavorare a 8 anni nell’officina di ricambi per orologi del padre. Quando il padre scomparve, il figlio, quindicenne, subentrò nella gestione dell’azienda: iniziò a vendere gli orologi porta a porta. "La morte di mio padre fu una tragedia, ma mi fece uomo".
La Gazzetta dello Sport
L’impero dei Glazer, i magnati Usa contestati dai tifosi dello United
Dal 2005 sono alla guida dei Red Devils. La Superlega può essere lo strappo finale
Nello sport i Glazer alll'inizio scelgono il football americano: rilevano i Tampa Bay Buccaneers. L’acquisto del Manchester United nel 2005 proietta i Glazer in Europa. Malcolm affida la gestione del club ai sei figli: Avram (1960), Kevin (1963), Bryan (1964), Joel (1967), Darcie (1970) e Edward (1971). I più coinvolti sono Avram e soprattutto Joel, destinato alla morte del padre a diventare il front man della famiglia. Il rapporto Glazer-Manchester nasce però male e la scorsa settimana, nel ciclone Superlega, la protesta dei tifosi è tornata in prima pagina. Lo zoccolo duro del popolo United ha sempre rifiutato l’approccio della famiglia, fondato sul business. È mancata l’empatia dal primo istante e la scelta di Malcolm di non mettere mai piedi all’Old Trafford è una di quelle decisioni che i tifosi inglesi non possono né accettare, né comprendere. Joel è sullo stesso solco. Silenzio e inaccessibilità totali, tranne un’intervista nel 2005 e la lettera di scuse dopo il pasticcio Superlega. In Inghilterra servono empatia, successi e passione. E qui i Glazer hanno il bilancio in rosso.
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