rassegna stampa

A lezione di calcio dal professor Robben

Il Bayern non è solo possesso palla. Quella di ieri sera è la vittoria della tecnica, non della tattica. Dei piedi buoni, dei dribbling, dei passaggi ben dosati, dei cross calibrati.

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Non si può spiegare questo Bayern soltanto con il tiqui-taca o con il possesso-palla. Questo è il Calcio, punto e basta. Non ci sono schemi, né moduli, né diagonali, né sovrapposizioni che possano raccontare il totale dominio del campo della squadra di Guardiola. E’ la vittoria della tecnica, non della tattica. Dei piedi buoni, dei dribbling, dei passaggi ben dosati, dei cross calibrati. In poche parole, appunto, il Bayern esprime alla massima potenza il senso di questo meraviglioso gioco. A tratti la manovra dei tedeschi sembra un frullatore, il pallone gira velocemente da Xabi Alonso a Lahm, da Robben a Götze, da Müller a Lewandowski. E quando l’azione dovrebbero farla gli avversari, ecco che tutti i ragazzi di Guardiola fanno un passo in avanti, vanno a pressare, a rubare spazio e tempo: la Roma è tramortita, non capisce che cosa sta succedendo, non riesce a organizzare una reazione. Resta lì, spaesata e accecata da tanta bellezza.

PRESENZA OVUNQUE Arjen Robben, 30 anni, è il simbolo di tanto mulinare di gambe. L’olandese, che all’inizio della carriera faceva l’ala sinistra, si piazza a destra e copre tutta la fascia.

A volte lo si vede «abbassarsi» nella sua metà campo per ricevere il pallone. In tutto, effettua 100 tocchi: ciò significa che garantisce una presenza costante nella manovra. E poi osserviamo la qualità di questi interventi: 2 tiri nello specchio e 2 gol; 2 tiri fuori; 69 passaggi (solo 4 sbagliati: impressionante); 2 filtranti, 2 cross, 2 sponde, addirittura 6 occasioni create. Ogni volta che il Bayern arriva dalle parti di De Sanctis c’è lo zampino di Robben: l’olandese caracolla, sembra che perda il pallone da un momento all’altro, ma alla fine ce l’ha sempre incollato al piede sinistro e per rubarglielo bisogna usare le maniere forti. Anche Garrincha era così: tutti conoscevano la sua finta eppure nessuno riusciva a fermarlo. Robben punta sempre l’avversario, lo sfida, lo attira nella trappola: 5 dribbling tentati, 5 riusciti, a cominciare da quello che porta al primo gol. Inoltre è da sottolineare lo spirito di sacrificio, qualità che non sempre si riscontra in giocatori tanto talentuosi: Robben percorre 9,8 chilometri, non si tira indietro se c’è da recuperare in mezzo al campo (7 palloni rubati agli avversari) e se c’è da contrastare.

DIALOGHI Per dire della supremazia del Bayern è sufficiente osservare il numero di tocchi effettuati da Xabi Alonso: 119. E’ il recordman della partita (Robben il secondo). Pjanic, il migliore dei romanisti, si ferma a quota 61. Iturbe, che dovrebbe svolgere (a spanne) il lavoro di Robben effettua solo 39 tocchi, Gervinho (autore del gol giallorosso) arriva a 37. Il punto è questo: Guardiola coinvolge tutti i giocatori nella manovra, chiede ai difensori di accorciare e dialogare con i centrocampisti, e così le azioni sono il risultato di un lavoro collettivo. Xabi Alonso recupera (13 volte) e appoggia (97 passaggi giusti su 103), Lahm organizza, Robben riceve, punta il nemico e conclude. La Roma non fa altrettanto, soprattutto perché i giallorossi hanno un evidente deficit tecnico. E, lo ripetiamo, non è una questione di schemi, né di psicologia: semplicemente i tedeschi di Guardiola, al momento, abitano su un altro pianeta.