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Lazio-Roma, derby totale. La strategia di Sarri e il carisma di Mou: sfida al veleno

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I due allenatori sono agli opposti: si stimano, ma non si amano. Le scintille hanno acceso la vigilia. Il ko sarebbe un dramma, non solo per la classifica
Redazione

Il derby Romano. Non ci fosse stato avrebbero dovuto inventarlo, scrive Giancarlo Dotto su La Gazzetta dello Sport. Lo scenario giusto per esaltare della sfida del tutto o niente tra due tipi a loro modo estremi. Eroi cazzuti, che più uguali e diversi non si può, Mou e Mau, di un cartoon dai denti affilati. I profili più interessanti dal punto di vista della mente, insieme a Luciano Spalletti e a Gian Piero Gasperini, del calcio italiano. Quattro “maniaci”, non a caso, ognuno di loro con una scena madre che li governa, una falla alias frustrazione che ne ha determinato la grandezza. La mediocre storia di calciatore di José Mourinho, la tribolatissima gavetta da allenatore di Maurizio Sarri, il fallimento all’Inter di Gasperini, la storia mancata di Spalletti sempre all’Inter e prima ancora lo scacco Romano della controversia con Totti. Come sempre, sono le sconfitte a fare gli uomini.

Due uomini in tuta, in questo caso. Ma quella di Sarri sa di fumo autistico, quella di Mou sa di zolfo dispotico. Non si amano di certo ma non possono dire apertamente di detestarsi, trovano allora pretesti per farselo sapere in tutti i modi possibili. Il derby è un ottimo pretesto. Materia infiammabile. Intendiamoci, detestarsi non esclude l’ammirarsi. Sarri non può non rispettare la preponderanza dialettica di Mourinho, il suo abbacinante carisma; Mourinho non può che amaramente (forse dolorosamente) prendere atto della sapienza calcistica di Sarri. Entrambi hanno dovuto sperimentare sulla loro pelle la virtù dell’altro. Più volte sul campo il mago di Setubal, tre derby persi su quattro sono ustioni di primo grado.

Sistematica la disfatta dell’altro nell’extra campo. Quello della parola e della fascinazione. L’ultima, in questi giorni del pre-derby. Accende temerario la miccia Sarri, ma toppa l’argomento. La storia della ”amichevole” di Praga non regge. Amichevole un piffero, quelli dello Slavia sbranavano uomini e palla, il coltello tra i denti, la partita della vita. A parte questo, Mou ha gioco facile, stravince con la pipa in bocca, sempre buona la stoccata della bacheca e della caterva di titoli, mentre l’altro... Non un granché nemmeno questo come argomento, diciamolo, ma sufficiente in un pianeta di comunicatori mediocri (basterebbe ribattere che esordire in serie A cinquantacinquenne con l’Empoli e prendersi la salvezza a quattro giornate dalla fine vale un titolo con il Real Madrid).

 I due hanno capito di non amarsi (eufemismo) da almeno cinque anni, dai tempi di Chelsea e Manchester United, Mau di là, Mou di qua, battute, veleni, risse sfiorate, il più delle volte per interposta controfigura, alias il vice di turno. Trattasi di due solisti dalla indole maniacale. Mou si nutre del suo ego, l’altro, Mau, si nutre delle sue ossessioni calcistiche.

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