Nel mezzo di una squadra mai vista, il Rudi Garcia della settimana lo immaginiamo girare intorno a questi pensieri: sono senza centrocampo e allora me la gioco sull’emotività. Me la gioco provando a surfare sull’onda lunga del secondo tempo del derby. Avanti con il 4-2-3-1, perché quello gli aveva detto la rimonta sulla Lazio. Era in cerca di costanti e una costante — negativa — il tecnico l’ha trovata: la falsa partenza. Subito sotto, per colpa di un errore individuale: prima rete incassata dalla coppia formata da Yanga-Mbiwa e Astori. E terzo gol subito dalla Roma nei primi tre minuti di gioco, più di ogni altra squadra. La Roma s’era tolto il dente, il problema è stato però (anche) dopo. È stato un centrocampo completamente in balia dei tre centrali del Palermo: Rigoni, Maresca e Barreto hanno fatto la figura dei giganti. E da quest’altra parte Garcia ha sorpreso, partendo con Pjanic e Strootman davanti alla difesa. Sì, il bosniaco, non Paredes come sarebbe stato più facile immaginare. Proprio la prestazione dell’argentino è stata per buoni tratti al di sotto della sufficienza: piedi morbidi, aggressività discreta ma una lentezza nei tempi di gioco a tratti esasperante. Simbolica è stata un’azione di ripartenza del secondo tempo, con la Roma che era riuscita a recuperare palla subito prima della linea di centrocampo e l’ex Boca Juniors che ha toccato il pallone 5-6 volte, di fatto annullando il potenziale 4 contro 4.
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L’abbaglio di Garcia. Al 4-2-3-1 mancavano le istruzioni per l’uso
Nel mezzo di una squadra mai vista, il Rudi Garcia della settimana lo immaginiamo girare intorno a questi pensieri: sono senza centrocampo e allora me la gioco sull’emotività.
La Roma non ha mai trovato le misure, nel primo tempo. Perché i tre del Palermo erano in costante superiorità numerica e una volta recuperato il pallone riuscivano con evidente semplicità a lanciare la ripartenza, innescando Vazquez. Dopo l’ennesima chance targata Palermo, per fortuna di Garcia sprecata da Rigoni, ecco il primo cambio dell’allenatore francese, che ha invertito le posizioni di Paredes e Pjanic: il bosniaco trequartista e Paredes vicino a Strootman. Un palliativo, perché l’argentino ha difettato anche in personalità: Maresca ha fatto un figurone. Quasi mai l’ex Boca Juniors ha iniziato l’azione, lo dimostrano anche i numeri: solo 47 i passaggi positivi, contro i 68 di Strootman e gli 81 di Pjanic (il migliore in assoluto, nel dettaglio).
Così non poteva andare avanti, la strada era sbagliata, la vita del Palermo era fin troppo facile. Serviva un’inversione a U. E non essendoci gli uomini, Garcia è intervenuto sul modulo. Il francese se l’è giocata a specchio, a centrocampo: tre sono loro, tre ne metto io. In linea, come sempre: Paredes, Strootman davanti ai centrali e Pjanic mezzo sinistro. La Roma è tornata a guadagnare campo, ritrovando geometrie conosciute da un anno e mezzo. Il gol del pareggio è arrivato su calcio piazzato, ma l’inerzia della partita era già cambiata. Con il senno di poi, chissà che Garcia non abbia lasciato 45 minuti al Palermo ed esposto la squadra a qualche imbarcata di troppo. Di sicuro c’è che sul piano dell’aggressività è mancato qualcosa, a centrocampo: 11 contrasti vinti dal Palermo, 10 dalla Roma. E soprattutto, 19 palloni recuperati da Maresca e compagni, contro i 16 per Garcia: non può bastare Strootman — il migliore della Roma — a rovesciare la partita.
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