rassegna stampa

La Roma è a pezzi, ma Dzeko c’è

Cristante e Kalinic tornano nel 2020. Tocca al bosniaco fare gli straordinari

Redazione

Le sentenze pesanti relative agli infortuni di Bryan Cristante e Nikola Kalinic, in fondo, hanno soltanto certificato che il tunnel giallorosso è ancora senza luce, se si eccettua il fatto che Edin Dzeko – da supereroe mascherato – è pronto a fare gli straordinari, giocando sia giovedì contro il Borussia Moenchengladbach, che domenica contro il Milan.

Come riporta La Gazzetta dello Sport, Cristante ha accusato il distacco del tendine dell’adduttore destro. Il centrocampista – accompagnato da Massimo Manara, responsabile medico del club – è già volato a Helsinki, in Finlandia, per un consulto col professor Sakari Orava, che potrebbe operarlo oggi stesso. Orava, tra l’altro, in passato per la stessa patologia aveva operato sia Beckham che Bonaventura. Lo stop sarà almeno di tre mesi e quindi Cristante tornerà in campo non prima dell’anno prossimo. Kalinic, che durante la partita, cercando di rubare palla a Murillo, si era frapposto ad un tentativo di rinvio, ricevendo un calcione dal colombiano, si è procurato una frattura della testa del perone sinistro, con interessamento del legamento collaterale mediale del ginocchio. Per lui niente intervento e solo terapia conservativa, ma lo stop difficilmente sarà inferiore a due mesi. Quanto basta per darsi appuntamento al 2020.

Inutile dire che Dzeko deve e vuole stringere i denti, nonostante a Genova sia apparso chiaro come il centravanti evitasse tutti i contatti che potessero mettere a rischio il suo zigomo fratturato. A Trigoria, però, sperano che i giorni che mancano al match contro i tedeschi possano aiutare sia il suo recupero fisico che quello psicologico.

La Roma è scontenta di questo inizio campionato, che vede la squadra con un punto e 4 gol in meno rispetto allo scorso torneo, tenendo conto che i giallorossi hanno già giocato contro 4 delle ultime 6 della classifica. Secondo Fonseca la Roma dimostra poco coraggio e questo ha anestetizzato quel gioco offensivo che sembrava il nuovo marchio di fabbrica. Più che cambiare moduli, l'allenatore portoghese cerca un cambio di mentalità, che forse sia semplicemente un ritorno al passato. Perché di troppa "italianizzazione", a volte, ci si può pure ammalare.