rassegna stampa

Kawasaki «Zeman alla Roma? Così finalmente tornerà a correre»

(La Gazzetta dello Sport – M.Cecchini) – «Kawasaki» è nei garage della memoria da tanti (troppi) anni, ma Francesco Rocca — a dispetto dei potenti vecchi e nuovi — ci tiene ancora compagnia col suo rigore e la sua professionalità.

Redazione

(La Gazzetta dello Sport - M.Cecchini) - «Kawasaki» è nei garage della memoria da tanti (troppi) anni, ma Francesco Rocca — a dispetto dei potenti vecchi e nuovi — ci tiene ancora compagnia col suo rigore e la sua professionalità.

Solo una cosa lo scioglie davvero: parlare della Roma e dei giovani. Ma lo fa cercando di dosare le parole, perché le sue verità sarebbero eccessive per il calcio ipocrita che ci circonda. Lo ha imparato sulla sua pelle.

Rocca, adesso sembra che la Roma possa scegliere Zeman: è una prosecuzione del lavoro fatto da Luis Enrique?

«Qualcosa c'è, ma col boemo si corre nettamente di più. Onore al merito, Zeman è sempre rimasto in linea con le sue idee, le stesse per cui io sono stato massacrato per anni. Anche io faccio calcio atletico, perché se si arriva secondi sul pallone il talento non basta».

Ma pure Luis Enrique era «trabajo y sudor»...

«Lui era in una forma fisica eccellente, però la realtà del campo era diversa. Comunque non voglio fare paragoni con Zeman, che ha molta più esperienza. Il Pescara ha fatto un miracolo e soprattutto ha riportato tanta gente allo stadio. Ho avuto Insigne e Immobile quando erano ragazzini e si vede la mano dell'allenatore. È l'allenatore che deve "fare" grandi i giocatori e tirarne fuori il talento, non il contrario. E poi Zeman è anche preparatore, proprio come me. Tra l'altro, io l'ho fatto per la Nazionale al Mondiale del 1990 e agli Europei dell'88 e del 2000. E non mi pare che le cose siano andate male. [...]».

Lei è stato contattato dalla Roma per il settore giovanile, proprio come Zeman: perché non ha accettato? E ha mai pensato col nuovo corso ad una proposta per la prima squadra?

«A Roma nessuno è profeta in patria, e io quella maglia l'ho amata troppo. Io ringrazio tutti, ma sono un allenatore e lavoro a modo mio. E Zeman fa lo stesso».

Lei ha fama di sergente di ferro.

«Lo so. Di integralista, di quello che non fa mangiare i giocatori. Ma io non faccio mangiare i grassi. Per il boemo il lavoro è un biglietto da visita, per me invece una condanna. Io sono grato al presidente Abete che mi ha fatto rialzare la testa perché durante Calciopoli c'era un apparato che ho sempre combattuto e non mi voleva. Eppure è fra i 15 e i 20 anni che si decidono le sorti dei ragazzi. Io a quell'età pesavo troppo e per questo ho avuto un infortunio così grave, ma non me lo diceva nessuno. Invece chi si è allenato con me non ha mai avuto un problema fisico. [...]».

Da tifoso, chi preferirebbe per la Roma tra Zeman e Montella?

«Ho più feeling con Zeman: è il più indicato e se lo meriterebbe, ma ho grandissima simpatia anche per Vincenzo che ha fatto un eccellente lavoro a Catania. Ora comunque riscoppierà la Zemanmania e non è corretto, perché lui in realtà porta avanti sempre la stessa filosofia da sempre. La stessa mia, anche se io ho due vantaggi: non fumo 50 sigarette al giorno e so giocare a pallone». E finalmente sorride.