Con le dovute proporzioni Juve-Roma vale come Barça-Real in Spagna, Chelsea-City in Inghilterra o Bayern-Lipsia in Germania. Ed è una sfida che coinvolge giocatori da una ventina di paesi e tre continenti e, in fondo, richiama rispetto da tutto il mondo calcistico. La Roma si presenta a Torino come sfidante grazie alle vittorie contro il Napoli al San Paolo e il Milan all'Olimpico e in generale con un rendimento abbastanza continuo. Dal gol di Turone di quel maggio 1981 sono passati più di 35 anni. Tanto è cambiato ma la moviola rimane al centro dell’attenzione e delle risse e trova molti appassionati soprattutto in Italia. Juve-Roma, comunque, è la partita più polemica del nostro calcio: la squalifica inflitta e tolta la settimana scorsa a Strootman ci conferma che l'ambiente è più che carico e sempre pronto ad esplodere. Ma la polemica non è l'unico tratto di continuità tra bianconeri e giallorossi. Pur con molte contaminazioni, in dna di queste due squadre è rimasto uguale nel tempo. Anche sul piano del gioco. La Juve del Trap aveva grandi individualità e il blocco base era quello dell’Italia campione in Spagna ’82, arricchito da Zibì Boniek e da Platini. La Roma del barone Liedholm, impostata attorno al divino Falcao, era qualcos’altro. Per vincere lo svedese spostava il suo centrocampista più tecnico, Di Bartolomei, nei quattro della difesa e marcava a zona. E De Rossi, in questo, prosegue questa linea. Allegri è più pragmatico e Dybala è il suo Platini. Spalletti invece, con un Totti non più al top, punta tutto sul gioco: l’estetica coincide col risultato. A Torino sono passati Lippi e Conte; Zeman e Luis Enrique hanno lasciato qualche traccia antagonista nel Dna giallorosso. Capello è stato un buon mix dei due stili. Una squadra, in fondo, dovrebbe voler giocare come la Roma e vincere come fa la Juve. Vedremo domani se sarà così.
rassegna stampa
Juve-Roma, sfida dell’altro mondo. Match scudetto con giocatori di 3 continenti ma non cambia il vecchio Dna
Nella squadra di Allegri tracce di pragmatismo del Trap. Spalletti nel solco di Liedholm
(A. De Calò)
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