Se ogni partita può essere un romanzo, quello scritto contro l’Atalanta dalla Roma ha tutta l’aria di essere: “I tre moschettieri”, scrive Massimo Cecchini su La Gazzetta dello Sport. In vetrina, infatti, vanno giustamente Tammy Abraham, Nicolò Zaniolo e Chris Smalling, ma tutti gli spadaccini hanno bisogno di un capo, e questo non può essere che uno solo: José Mourinho. Un allenatore che è una scossa tellurica ogni volta che parla e stavolta, in questo senso, sembra essersi addirittura superato. Il tecnico si presenta in tv rivendicando orgogliosamente la fine del tabù contro le big. "Dovevamo arrivare qui e sorprendere tutti, soprattutto quelli che ci ricordavano che erano da mesi che la Roma non vinceva una sfida contro una grande. Ora, invece, non battiamo una big da 22 minuti e mezzo". In effetti, un successo del genere sembra essere soprattutto una iniezione di autostima per il gruppo. "Questa vittoria serve anche per cambiare mentalità. Ora in classifica possiamo guardare davanti, ma dobbiamo considerare anche la nostra panchina". Il feeling col club, comunque, resta forte. "Nella Roma resterei sei anni (come Gasperini, ndr). È un tipo di progetto che mi piace, ma serve qualcosa di più. Ora siamo limitati, se questo poco di più arriva, fra due-tre anni possiamo far bene. Con qualcosa di più possiamo arrivare dove sono arrivati loro: l’Atalanta è una squadra che sta nelle prime quattro".
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