Una Nazionale all’attacco, con la porta in testa: forse è davvero l’unico modo per ripartire da dove eravamo rimasti. Da quell’essere un’Italia così lontana da certi suoi stereotipi precedenti: moderna, creativa, offensiva. Attaccare, dunque: lo faremo quasi sicuramente mandando in avanscoperta Belotti, affiancato da Insigne e da Chiesa e assistito dagli strappi di Zaniolo (e Barella, un altro che sa guardare la porta). Sulla carta, trazione forse ancora più anteriore che in passato. Lui e Immobile si sentiranno entrambi titolari più o meno fino a marzo, quando poi forse si capirà chi lo sarà davvero.
rassegna stampa
Italia, Belotti al centro con Chiesa-Insigne e Zaniolo mezzala per fare tanti gol
A Firenze con la Bosnia (a porte chiuse) gli azzurri vanno a caccia della dodicesima vittoria consecutiva
Oggi quello che Mancini può scegliere è chi far giocare contro chi: probabilmente Immobile per aggredire gli spazi che potrebbe lasciare l’Olanda lunedì e Belotti per martellare e “aprire” il possibile muro della Bosnia, che affronterà per la terza volta, contro le zero di Immobile. Lui - racconta 'La Gazzetta dello Sport' - ancora contro Dzeko, terminali diversi con la stessa capacità di giocare con, e per, la squadra. Il loro duello personale di gol è quasi in parità: uno a testa con la Nazionale (Edin segnò a Torino), 4-3 per il Gallo negli incroci fra Torino e Roma.
Ma un’altra decisione di Mancini pesa, e di più. E anche più di quella che riguarda Chiesa, probabilmente fuori dagli undici se non si fosse infortunato Bernardeschi. Zaniolo no: nella testa del c.t. è la mezzala destra titolare dal giorno dell’assenza sicura di Verratti. Titolare per la terza volta: la seconda da interno dopo aver giocato così in Liechtenstein (mentre con l’Armenia partì davanti), dunque la prima per grado di difficoltà. E a Chiesa, che di anni ne ha solo 22 anche se sembra azzurro da una vita — debuttò a 20 — il c.t. chiederà la solita cosa: provare a segnare di più. Zaniolo, due gol contro uno, lo ha già sorpassato con 12 gare in meno. Magari l’aria di Firenze, quella che fu negata al romanista quando aveva 16 anni dopo sei di giovanili viola, quella che Federico ancora non sa se e per quanto respirerà ancora, fa bene a tutti e due. E anche a Belotti.
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