E alla fine l’ovazione è scattata anche per lui. Nella bolgia di Ciampino il presidente più schivo che il mondo del calcio italiano abbia mai conosciuto (almeno in anni recenti) si è visto tributare il riconoscimento dal popolo giallorosso, rappresentato dagli oltre cinquemila tifosi che ieri hanno invaso lo scalo dell’aeroporto, scrive Massimo Cecchini su La Gazzetta dello Sport.
La Gazzetta dello Sport
Il presidente-pilota dei colpi impossibili. E ora Sergio Ramos?
Difficile immaginare un tributo più meritato per Dan Friedkin, cioè un proprietario che ogni stagione estiva ha regalato almeno un colpo “impossibile” alla Roma. D’altronde, non è un caso che il magnate sia un uomo di spettacolo, sia in veste di produttore cinematografico che in quella di regista. Così nel 2021 a rubare la scena è stato l’ingaggio a sorpresa di José Mourinho, mentre nel 2022 è stata la volta del tesseramento di Paulo Dybala. Inutile dire che anche il general manager Tiago Pinto è stato virtualmente portato in trionfo dal popolo giallorosso. Una volta sbarcato anche lui dal volo, la berlina in cui è salito è stata circondata dalla gente, che lo ha osannato. Un grande riconoscimento, dopo le troppe critiche che finora hanno caratterizzato il suo operato. Occhio, però, perché è possibile che le “magie” dei Friedkin non siano ancora terminate. Dal giorno dell’addio di Ibanez, infatti, la società giallorossa ha fatto sapere che avrebbe provato a prendere un altro centrale difensivo, ben sapendo che a gennaio rientrerà Kumbulla. Così ieri, forse per via del cosiddetto effetto Lukaku, sono iniziati a circolare i nomi di Leonardo Bonucci e Sergio Ramos. Ovvero, due ingombranti “senatori” di cui la Juventus e il Psg si sono voluti liberare. Fatta una doverosa verifica, la Roma ha provveduto a smentire entrambi i profili con fare quasi scandalizzato, ma ormai nessuno si sorprenderebbe più di nulla. I Friedkin, ormai, sembrano avere scelto di seguire i desideri di Mourinho fino al limite consentito dal “settlement agreement” sottoscritto con la Uefa, e l’affare Lukaku ne è la dimostrazione. Ma la postilla è d’obbligo: con una squadra del genere – che ha un monte ingaggi da Champions – la qualificazione fra le prime quattro è d’obbligo. Perché sognare è bello, ma il bilancio della Roma non può permettersi altre stagioni di Europa minore. E Dan Friedkin lo sa.
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