Se vinci 16 trofei, anche se lo fai quasi sempre al Barcellona, non può essere certo un caso. Ed infatti non lo è, come non lo è la padronanza e la facilità con cui gestisce ogni situazione di gioco. Personalità e carattere, le stesse che ieri ha ribadito nell’amichevole vinta con i dilettanti austriaci. Oddio, non che il test sia di quelli che restano negli annali, ma fa la somma con le tante cose buone già fatte vedere dal centrocampista maliano negli States. E quando le conferme arrivano una dopo l’altra, allora non è un caso. Proprio come quei 16 trofei vinti fin qui in carriera.
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Gran Keita, il padrone della Roma “L’esempio per tutti”
Garcia ci parla spesso, gli dà un sacco di consigli, proprio come Bompard, il suo vice. E lui li sta già ripagando in tutto: presenza, qualità e spessore.
ALTO LIVELLO E non è neanche un caso che Garcia adori già Seydou, lo si vede da come ne parla e da come ci parla. In campo e fuori. «Lui è uno che ha una visione di gioco di alto livello, gioca spesso di prima e questo se lo può permettere solo un giocatore che vede l’azione prima di ricevere la palla», ha detto ieri il tecnico francese a fine partita. Una gara in cui Keita ha gestito i ritimi del match, impostato spesso l’azione, giocato tanti palloni e altrettanti ne ha recuperati. Tutto con una leggerezza che a tratti sembrava quasi scherzasse con gli avversari. «Keita sarà importante anche per la sua esperienza, ha vinto tanto e sarà d’esempio anche per i giovani — continua Garcia —. C’è tanto da imparare da uno come lui, sia come giocatore sia come uomo». In un centrocampo che ha in Pjanic, De Rossi e Strootman i potenziali titolari e in Nainggolan la mina vagante, ora Garcia ha a tutti gli effetti una soluzione in più. E che soluzione. Impressioni? Vedendolo in questo primo mese di lavoro in giallorosso, Keita dà l’idea di essere uno di cui è difficile fare a meno, uno capace di stravolgere strada facendo anche le gerarchie più ferree, quelle acquisite sul campo e fuori. Anche in virtù di una versatilità incondizionata: Garcia in America l’ha utilizzato prima come regista (al posto di De Rossi), poi come interno (esattamente come ha giocato ieri), ma Seydou sembra perfetto anche come mediano nel 4-2-3-1, capace di proteggere la difesa e rilanciare l’azione.
TOTTI UNICO E se non ci fosse stato Francesco Totti, chissà, magari la palma del migliore in campo ieri sarebbe andata proprio al centrocampista maliano. Per il lavoro oscuro, per come cuce la manovra, per come recupera e riparte in ogni parte del campo. E per come fa tutto con estrema semplicità, la stessa con cui ieri lo stesso Totti ha deliziato un po’ tutti gli occhi dei 3000 tifosi assiepati a bordo campo quasi come fosse una festa di paese. «Francesco è un fuoriclasse, uno dei migliori in assoluto al mondo, ma abbiamo bisogno anche di tutti gli altri — chiude Garcia —. In questa occasione ho voluto dare minuti a diversi calciatori, siamo ancora nel pieno del lavoro». Lo stesso lavoro in cui Keita si distingue anche dentro al campo, durante le sedute di allenamento. Puntuale, preciso, metodico in tutto. Garcia ci parla spesso, gli dà un sacco di consigli, proprio come Bompard, il suo vice. E lui li sta già ripagando in tutto: presenza, qualità e spessore. Tutto molto semplice. Per uno che vince 16 trofei, del resto, le difficoltà sono altre.
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