rassegna stampa

Gol, calcioni, rossi. Totti guida la Roma e prova a fare 13

Il destino, a volte, imbocca percorsi tortuosi che per gli uomini possono sembrare uno sberleffo o, quantomeno, riescono a generare l’antica domanda di fondo: che cosa sarebbe successo se? Prendete Francesco Totti e Roberto Mancini.

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Il destino, a volte, imbocca percorsi tortuosi che per gli uomini possono sembrare uno sberleffo o, quantomeno, riescono a generare l’antica domanda di fondo: che cosa sarebbe successo se? Prendete FrancescoTotti e Roberto Mancini. Alla fine, nel maggio scorso, sono riusciti a giocare insieme, ma il calcio (purtroppo?) non c’entrava niente. Lo sport in cui si sono esibiti era il paddle e la «location» il Foro Italico. Insomma, non certo quello stadio Ferraris in cui – nella stagione 1996-97 – avrebbero potuto cominciare a convivere, stante la scarsa considerazione che Carlos Bianchi aveva del talento del giovane Totti. Il tecnico argentino, è storia nota, vedeva poco Francesco ed era pronto a spedirlo a Genova, dove Mancini era pronto ad accoglierlo come suo erede. «Sarebbe stato bello avere un talento puro come lui – disse Roberto qualche mese dopo – perché sembra avere i geni del vero giocatore di pallone». Non se ne fece nulla e probabilmente ci siamo persi qualcosa di bello. Mancini, poi, andò subito alla Lazio, Totti rimase alla Roma e la loro storia proseguì da avversari. Con un paio di cose in comune: l’enorme stima che hanno sempre nutrito l’uno per l’altro e il fatto che, negli unici 3 scudetti vinti da squadre che non siano Milan, Inter e Juve dal 1990 ad oggi c’è la loro firma: due volte quella di Mancini (Samp e Lazio), una quella di Totti, Roma nel 2001.

Se la storia del capitano della Roma con il tecnico dell’Inter è una storia di binari paralleli e dichiarazioni d’affetto, quella di Totti con i nerazzurri è una storia di ricordi spesso amari. L’Inter, d’altronde, è la sua avversaria più frequente: se l’è trovata di fronte addirittura 46 volte, di cui 34 in campionato, 8 in Coppa Italia e 4 in Supercoppa. Bilancio: 15 vittorie, 11 pareggi e 20 sconfitte, compresa una ai rigori nella Supercoppa del 2008, quando proprio lui sbagliò a San Siro il quinto tiro dal dischetto che avrebbe dato la vittoria alla Roma. In queste 46 partite, Totti ha segnato 12 gol: 11 in A e uno in Coppa Italia. Memorabile quello a cucchiaio fatto inghiottire a Julio Cesar nell’ottobre 2005. All’Olimpico il capitano giallorosso ne ha firmati 5: il primo nel 1999, in un rocambolesco 4-5 finale. Tra quei 5 gol anche il 100° in A con la Roma, nel 2004, per avviare – con una punizione da trenta metri – una rimonta da 1-3 a 3-3. Contro i nerazzurri, poi, è stato espulso 3 volte, un record negativo per lui contro una singola squadra. Il «rosso» più celebre, manco a dirlo, fu quello subito nella finale di Coppa Italia del 2010 (persa per 0-1), in cui prese a calci Balotelli.

Come si vede, episodi che basterebbero per un paio di carriere di giocatori normali. E stasera si ricomincia, con Garcia che accarezza l’idea di lanciare dall’inizio il tridente «pesante», cioè Totti con Gervinho e Destro per sbloccare magari subito il match e poi provare a gestire.

«OBIETTIVO JUVE» Certo, Totti sa bene come certezze non ce ne siano. «Mancini è un grande allenatore e un grande motivatore – ha detto – perciò sarà una partita difficile. Con l’Inter è sempre una gara particolare, però noi dobbiamo assolutamente mantenere il nostro ruolino di marcia e stare vicino alla Juve». Ovvero, la lupa chiede strada. E il passato stavolta non conta.