Lo spirito del tempo, a Roma, in questi giorni spinge a voltarsi indietro. La voglia di epurazione (prima) e di rivoluzione (poi) è così forte da mettere in discussione anche figure fino a poche settimane fa fortissime come Rudi Garcia e il d.s. Walter Sabatini. Tre considerazioni sono doverose, e fra parentesi mettiamo il controcanto: nelle prime 4 stagioni statunitensi i successi finora sono zero. I tifosi si aspettavano altro (la prima vulgata, però, parlava di un piano a 5 anni), la Roma non avrà avuto una bacheca ricchissima, ma dal 2000 – prima di DiBenedetto & Co. – aveva vinto uno scudetto, due Coppe Italia, due Supercoppe Italiane ed era arrivata 6 volte seconda in campionato: non cose banali (la vecchia proprietà, però, era apparentemente senza futuro). Nell’era Garcia la squadra non è mai scesa sotto il secondo posto: non poco (a inizio stagione, però, l’obiettivo era di vincere almeno un trofeo).
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Da Garcia a Sabatini, Roma trema
Il futuro di molti a Trigoria è in bilico, e già girano i nomi di diversi sostituti sia per l'allenatore che per il direttore sportivo
PALLOTTA DELUSO - Con queste premesse, nessuna meraviglia che il presidente Pallotta sia deluso dalla china presa, e di tutto questo ha parlato con la dirigenza, ribadendo la centralità della partecipazione alla prossima Champions League (quest’anno ha portato al bilancio 49,2 milioni). Idea giusta, anche perché nel cuore più duro della tifoseria prende sempre più piede l’ipotesi che il legame di Pallotta con la Roma sia dovuta solo alla volontà di portare avanti il business del nuovo stadio, per il quale sbarcherà lunedì a Roma il suo braccio destro, Mark Pannes. Non è un caso, in fondo, che nel faccia a faccia avuto da Sabatini ieri con un gruppetto di tifosi fuori dai cancelli di Trigoria il concetto sia emerso forte e chiaro: «Dello stadio non ce ne frega un c..., vogliamo i giocatori». Il d.s. ha chiesto «di stare vicino a questa c... di squadra» e di darle «ancora un mese» (l’invito non ha sortito molte adesioni), sottolineando come sia «ancora seconda». E a chi gli chiedeva chi restituisse i soldi ai tifosi delusi, Sabatini replicava con un enigmatico: «Andateli a chiedere a chi dico io», indicando il centro sportivo alle sue spalle.
BRANCA & CO. - È indubbio comunque che l’autocritica fatta dal dirigente alla fine del match con la Fiorentina («Ho sbagliato il mercato di gennaio»), abbia messo anche lui nella lista di quelli pronti a dare le dimissioni (al licenziamento da parte di Pallotta crediamo poco). Radio mercato parla già di un contatto indiretto con Marco Branca, ex d.s. dell’Inter, che sembra tra l’altro essere un estimatore di Garcia. Nell’ambiente, poi, si parla anche di Sean Sogliano, d.s. del Verona, mentre c’è chi ipotizza anche un ritorno di Daniele Pradé, ora alla Fiorentina, qualora non rinnovasse il contratto.
EMERY E DI FRANCESCO - Un altro col futuro incerto, a questo punto, è lo stesso Garcia. Il francese è rimasto turbato dal disamore che si è creato su di lui e a questo punto nello spogliatoio c’è chi ipotizza che a fine stagione possa dimettersi (anche qui, dopo averlo definito «il nostro Ferguson», difficile che Pallotta lo scarichi). Il problema è che ha un ricco contratto (2,7 milioni a stagione) fino al 2018 e rinunciare a così tanti soldi non è facile. Ma con chi sostituirlo? Anche se la sua idea di calcio è lontana da quella di Sabatini, è molto stimato Walter Mazzarri per le sue doti tattiche e di «domatore di uomini». Tutto diverso per Di Francesco, ma con il pregio (e per qualcuno il difetto) di conoscere perfettamente l’ambiente giallorosso, avendovi lavorato come calciatore e team manager. L’ultima voce riguarda un vecchio pallino come Unai Emery (Siviglia). I titoli di coda sono per gli scherzi del destino. Domani la Roma giocherà a Cesena, città che nel 2012 rappresentò il capolinea di Luis Enrique e l’ufficializzazione della caccia a Montella prima del brusco addio. Chissà cosa sarebbe successo se...
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