rassegna stampa

Gambero Dzeko, dall’illusione alla delusione. Cercasi riscatto

I numeri non sono poi così male, 10 gol tra campionato e coppe, ma quello che è mancato, a lui e alla Roma, è stata la capacità di incidere e decidere le partite. Ad Edin è mancata spesso la cattiveria

Redazione

Quel gol di testa alla Juventus nella seconda di campionato sembrava l’inizio di una favola per Edin Dzeko. i paragoni con il Batistuta versione scudetto 2001 sono fioccati, la storia invece è andata diversamente. I numeri non sono poi così male, 10 gol tra campionato e coppe, ma quello che è mancato, a lui e alla Roma, è stata la capacità di incidere e decidere le partite. Ad Edin è mancata spesso la cattiveria, tanto che ieri Spalletti, ribadendo che lui quando fa la formazione «non ha parenti», ha sottolineato come le sue scelte siano fatte in base agli allenamenti.

Oggi dovrebbe di nuovo partire dalla panchina e sarebbe la nona volta nelle ultime undici: un bottino a dir poco magro, l’ennesima prova che forse il futuro di Edin è davvero lontano dalla Roma. Lui ha detto che «vorrebbe restare» e che il secondo anno fa «sempre meglio del primo». E anche Walter Sabatini, tre giorni fa, ha aperto le porte a una sua permanenza, adesso però la palla passa a lui. Se vuole veramente prendersi una rivincita nella Roma deve cambiare atteggiamento e rendimento.

Il problema è di carattere mentale e non tecnico-tattico, perché Dzeko fa sì il centravanti, ma è anche in grado di fornire assist e fare da sponda per gli inserimenti dei compagni, scrive Chiara Zucchelli su "La Gazzetta dello Sport". È un uomo squadra, uno che sa «far valere sempre il suo fisico» e che, dopo aver condotto anche una piccola nazione come la Bosnia al Mondiale, non può aver dimenticato come si segna.