rassegna stampa

FABIO BORINI Quel secchione del gol che non sbaglia un esame

(Gazzetta dello Sport – A.Catapano) Trattandosi della Roma, viene facile chiamarlo Boro.

Redazione

(Gazzetta dello Sport - A.Catapano) Trattandosi della Roma, viene facile chiamarlo Boro.

Ma decisamente non gli rende giustizia, perché Fabio Borini è quanto di più lontano esista dal classico boro romano, un personaggio sopra le righe. Piuttosto, si direbbe un ragazzo preciso. E uno studente modello, di quelli che fanno tutti i compiti a casa e non sbagliano un'interrogazione. Hai studiato oggi? Sì. Sei pronto? Certo. E allora, prego. Parlami di... Sa tutto, ha imparato la lezione, praticamente un libro stampato.

Voto? Alto. Anche ieri sera, è rimasto in media. Nono gol in campionato, il decimo stagionale, sempre più capocannoniere della classe. Un rendimento così alto da portarlo dritto in Nazionale, e pure lì l'interrogazione con Prandelli è andata più che bene.

I compagni dicono: fa schifo per quanto è secchione. In grande amicizia, certo. Ma fanno fatica a congratularsi con lui. Pure ieri, il Boro ha segnato, si è girato e per un istante ha visto il vuoto intorno a lui. Poi, qualcuno ha fatto lo sforzo, si è avvicinato, le classiche pacche sulle spalle, ma senza troppa convinzione.

CENE? NO, GRAZIE Sta sulle scatole ai compagni? No, per carità. Ma un pizzico di diffidenza intorno a Borini si avverte. Sarà perché non ama gozzovigliare fino a tardi e alle riunioni tecniche arriva sempre in anticipo. O sarà per quell'aria da primo della classe, appunto, che ostenta, non per snobismo però, ma per timidezza. Borini è un tipo preciso e non a caso, nell'intervallo, in una di quelle interviste flash che non danno mai un titolo, esprime il seguente concetto: «Come al solito siamo fortissimi nel primo tempo, ma oggi siamo pure più attenti perché nelle ultime partite abbiamo concesso troppo».

Non passerà alla storia del giornalismo, ma rivela il nuovo atteggiamento della Roma: finalmente giudiziosa, ne hanno buscate così tante che pure i ragazzi di Luis Enrique hanno messo la testa, e la difesa, a posto.

CREDERCI? SEMPRE Anche se pure il Palermo in una delle sue versioni peggiori qualche brivido alla banda del buco romanista lo ha provocato, soprattutto nel secondo tempo. Ma Miccoli è stato raramente così impreciso e Lobont raramente così sicuro. Tipico della Roma sedersi sugli allori, come quegli studenti che sanno di essere bravi e vorrebbero campare di rendita.

Ieri l'hanno sfangata, tornando a vincere in trasferta dopo due mesi e mezzo di batoste. E comunque complimenti perché solo il Milan prima era riuscito a espugnare il Barbera. Luis Enrique alla fine è stravolto dalla tensione. «Abbiamo avuto l'atteggiamento giusto - dice - e siamo rimasti concentrati per tutta la gara, finalmente. Potevamo chiudere la partita prima, ma ci metterei sempre la firma per vincere così. Bravo Lobont, un grande uomo. Bravo Lamela, alla fine era esausto. Ma bravissimo De Rossi, il migliore in campo: uno come lui, con qualità e personalità, può giocare ovunque. Ma è tutta la squadra che può migliorare tantissimo. Il mio futuro al Barcellona? Ho già detto che onorerò il mio contratto qui, e magari resterò 5 anni in più; sono felice di allenare la Roma, ne ho già parlato con la società, penso di poter crescere con questa squadra. E intanto questi tre punti così sofferti sono importanti per continuare a crederci». Già, ma a cosa? «Mancano undici partite, se le vinciamo tutte nulla è impossibile, nemmeno la Champions». Parola del migliore, Daniele De Rossi. Voi ci credete?