rassegna stampa

Emergenza Olimpico. Roma è sotto accusa. Ma la miccia è russa

Qualche cane sciolto romanista continua ad usare le lame, nonostante il direttivo della Curva Sud le abbia pubblicamente stigmatizzate.

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La prima considerazione, fin troppo facile, è che in quattro mesi e mezzo non è cambiato nulla. L’ultima volta — a parte un Lazio-Bassano passato inosservato — che avevano ospitato una partita serale, la finale di Coppa Italia del 3 maggio, Olimpico e dintorni fecero il poco onorevole giro del mondo per la sparatoria di Tor di Quinto, costata poi la vita a Ciro Esposito e per cui è indagato l’ex ultrà romanista Daniele De Santis, e la trattativa tra il capitano del Napoli Hamsik e il capo ultrà in odore di camorra Genny ‘a Carogna. Ne erano seguiti, per l’ennesima volta, sdegno generale, richiami alla «tolleranza zero», perfino un piano annunciato da Alfano per una «Capitale sicura».

Mercoledì, alla prima occasione, Roma, i romanisti, l’Olimpico sono finiti ancora alla gogna, rendendo facili almeno altre due considerazioni. 

RICOSTRUZIONE  Una: qualche cane sciolto romanista continua ad usare le lame, nonostante il direttivo della Curva Sud le abbia pubblicamente stigmatizzate (una cinquantina di coltellate in otto anni comprese quelle laziali). Va detto che mercoledì sera i romanisti sono stati aggrediti davanti al loro punto di ritrovo dagli ultrà russi: un centinaio di teppisti — secondo la ricostruzione della Digos — armati di coltelli, bastoni, guantoni e paradenti, picchiatori di professione. Hanno provato ad attaccare anche il vicino villaggio dedicato dalla Roma a famiglie e bambini. In due sono rimasti a terra: uno colpito da bottigliate, l’altro, fuori pericolo, accoltellato all’addome e ricoverato al Gemelli. Anche dentro lo stadio, sono stati loro i protagonisti: ubriachi, hanno lanciato simultaneamente venti fumogeni verso i romanisti e avrebbero scavalcato le barriere se non fossero intervenuti gli steward e poi la polizia. «Scene intollerabili su cui l’Uefa — come annunciato dal segretario generale Infantino — ha aperto un’inchiesta». Del resto, anche il bilancio parla chiaro: otto arrestati (un romanista e sette russi, due dei quali trovati con due coltelli a serramanico e uno da cucina), altrettanti daspati, tredici steward e quattro agenti feriti. 

COSA FARE?  L’altra riflessione: Roma, la città, non garantisce più gli standard minimi di sicurezza. Sarà anche vero, come fatto notare dalla ieri Questura (già sotto accusa per la gestione del 3 maggio), che le autorità russe non hanno collaborato e che i tifosi del Cska hanno ignorato il punto di ritrovo stabilito per la loro accoglienza. Ma a Roma continuiamo a parlare di scontri nelle vie intorno all’Olimpico, tra macchine in coda che tornano a casa per cena. L’ultimo giro di vite imposto dal Viminale si è già rivelato inutile, inasprire e allargare il Daspo non ha risolto il problema. Va ripensato tutto l’ordine pubblico, dall’attività di intelligence della Digos all’impiego degli steward, fino ai provvedimenti restrittivi dei giudici. Forse, davvero non resta che la tanto invocata «certezza della pena».