«E il tacco e la punta». Quante volte Spalletti avrà ripensato a quella conferenza stampa fiume che nel 2009 lo allontanò dalla panchina della Roma. «E il tacco» di El Shaarawy stavolta lo ha salvato. E il tacco stavolta ha presentato al mondo giallorosso l'ex Milan, la cresta che ha preferito abbandonare quel mondo dorato che è Montecarlo e tuffarsi in quella fossa dei leoni che non è più Milano, è Roma e basta.
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El Shaarawy e la magia: «Ho rubato qualcosa a Ibra…»
Serviva una scintilla. Una giocata fuori dagli schemi per rompere uno schema di una squadra schiava di se stessa. Quel tacco è il colpo di uno con la testa libera. È il genio di un calciatore che il colpo ce l’ha in canna e lo spara
Elsha ha messo insieme il genio e l’applicazione, scrive Davide Stoppini su "La Gazzetta dello Sport". Spalletti gli aveva chiesto di coprire buona parte della fascia sinistra, diciamo almeno trequarti. Ma senza il genio, l’applicazione non l’avrebbero applaudita in molti. Senza la follia che è stata quel tacco, buono per spiegare alla perfezione tutto il mondo Roma: giocatori bloccati di testa, passaggi a 5 metri invece che a 20, scarico al compagno invece che il tiro in porta. Serviva una scintilla. Una giocata fuori dagli schemi per rompere uno schema di una squadra schiava di se stessa. Quel tacco è il colpo di uno con la testa libera. È il genio di un calciatore che il colpo ce l’ha in canna e lo spara, senza paura di quello che sarebbe successo in caso di insuccesso.
«Ci ho provato, è andata bene, indimenticabile. È una gran bella soddisfazione iniziare così – ha commentato Elsha –. Dove l’ho visto fare? Beh, mi sono allenato a lungo con Ibra al Milan, qualcosa ho imparato...». I maestri sono chiari, le idee chiarissime: «Sono alla Roma per dare una svolta alla carriera. Devo solo recuperare la condizione. E la squadra deve recuperare punti in classifica: se non vinciamo con il Sassuolo martedì, siamo punto e a capo».
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