Sarà un mese di fuoco o giù di lì per i colori giallorossi, da oggi e fino al 30 giugno prossimo, scrive Andrea Pugliese su La Gazzetta dello Sport. Perché in mezzo c’è ovviamente la questione societaria, oltre alla ripartenza del campionato.
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Ecco come Friedkin voleva prendere la Roma. Protesta all’Eur
Il texano era pronto a versare 125 milioni al closing, altri 52 nei successivi sei mesi, 85 entro fine 2020 per il consolidamento della prima squadra e, infine, 300 per la copertura del debito
Ma poi anche per lo stadio pronto a svoltare nei prossimi giorni e per due appuntamenti decisivi come l’assemblea degli azionisti del 26 e l’approvazione del bilancio del 30. Insomma, tantissimi appuntamenti nell’agenda giallorossa, che più fitta non potrebbe essere.
Tutto ovviamente ruota intorno al gelo calato negli ultimi giorni tra Pallotta e Friedkin, con l’offerta da 575 milioni di euro del magnate texano per l’acquisto della società rifiutata dall’attuale presidente giallorosso.
Friedkin era pronto a versare quei soldi con questa modalità qui: 125 milioni direttamente al closing, altri 52 nel corso dei successivi sei mesi, 85 entro la fine dell’anno per il consolidamento della prima squadra (e per la liquidità necessaria per far fronte alle questioni di cassa) e, infine, 300 milioni per la copertura del debito (oltre ad altri 13 che sarebbero andati a copertura delle partecipazioni minoritarie nell’attuale composizione societaria del club).
In questo momento tra Pallotta e Friedkin siamo al gelo, ma in finanza le cose possono cambiare da un momento all’altro, basta poco per riaccendere la fiammella.
Intanto, però, ieri sono apparsi degli striscioni di contestazione all’Eur, proprio sotto la sede della Roma, da parte dei tifosi della curva. Striscioni di protesta contro le possibili cessioni dei prossimi mesi e che chiamavano in causa esplicitamente Pallotta, Baldini e Baldissoni.
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