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rassegna stampa

“Dura spegnere la luce, ho paura. Maledetto tempo. Vi amo…”

Francesco si stringe alla famiglia, calcia in curva l’ultima palla e legge la lettera ai tifosi: "Speravo questo momento non arrivasse mai. Orgoglioso di aver dato la vita alla Roma"

Redazione

Non credeteci. Tutta questa gente commossa che non vuole lasciare gli spalti dell’Olimpico come se temesse così di materializzare una sciagura, non versa lacrime per Francesco Totti che se ne va. Ognuno di loro piange per la propria vita, per i fantasmi che li abitano e che ne approfittano ora per volteggiare sulle loro spalle e ricordare a tutti che c’è un tempo che non ritorna. Con l’addio di Totti tramontano i sogni di una generazione e anche una certa estetica del calcio, che prevede muscoli e corsa al servizio della palla e non viceversa, ma il futuro ringhia nuovi comandamenti che adesso, all’improvviso, non sembrano poi così belli.

Come riportato nell'edizione odierna de "La Gazzetta dello Sport", Totti farà il dirigente con un’etichetta da stabilire (direttore tecnico, vice presidente). I fischi feroci che ricoprono Spalletti e il presidente Pallotta quando si avvicina al capitano (gelido con entrambi) emettono la sentenza: sono loro che hanno creato questa festa dolorosa. La Sud si ricopre di giallorosso e si crea una scritta: «Totti è la Roma».

Dopo la partita Francesco ritorna in campo. Le musiche modulano le emozioni, che diventano solo lacrime quando il pentagramma di Ennio Morricone accorda il cuore dello stadio. Un vero grande abbraccio in mezzo al campo è per Ilary, Cristian, Chanel e Isabel. Lungo, struggente, pieno di lacrime. Si siede su un tabellone sotto la Tevere, come se non volesse più andare via.

De Rossi ha gli occhi lucidi come lui. Il nuovo capitano gli porge un vassoio d’argento su cui è scritto: "Grazie Francesco, il tuo esempio è il nostro futuro". Poi arriva un microfono e Totti comincia a parlare. "Purtroppo è arrivato questo momento che speravo non arrivasse mai. Questi giorni sono state scritte tante cose su di me, belle e tristi. Ho pianto sempre da solo a casa come un matto: 25 anni non si dimenticano, mi siete stati vicini nel bene e nel male. Voglio ringraziarvi tutti quanti anche se non è facile. A mia moglie ho raccontato un po’ di cose di questi anni e ho scritto una lettera per voi, ma non so se riuscirò a leggerla". E inizia a leggere, camminando in tondo sotto lo sguardo dei figli, mentre sgrana un rosario di emozioni fra cui spicca: "È impossibile raccontare tanti anni in poche frasi, mi piacerebbe farlo con una canzone o una poesia, ma non sono capace di scriverle, per questo ho provato a esprimermi attraverso i piedi con cui mi viene tutto più semplice. Mi sono chiesto in questi mesi perché mi stiano svegliando da questo sogno. Vorrei che la mia carriera diventasse una favola da raccontare. Ora è finita veramente, spegnere la luce non è facile. Ad un certo punto si diventa grandi. Maledetto tempo. Mi levo la maglia per l’ultima volta, anche se non sono pronto a dire basta e forse non lo sarò mai. Scusatemi se in questo periodo non ho chiarito i miei pensieri. Adesso ho paura. E non è la stessa che si prova di fronte alla porta quando devi segnare un rigore. Questa volta non posso vedere attraverso i buchi della rete cosa ci sarà “dopo”. Questa volta sono io he ho bisogno di voi, del vostro calore". E lo stadio canta: "Noi non ti lasceremo mai". Poi Totti conclude: "Il mio cuore è con voi, sono orgoglioso e felice di avere dato la mia vita alla Roma. Vi amo".

(M. Cecchini)

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