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La Gazzetta dello Sport

Dov’è la Special Roma? Mou ha dato energia ma i Friedkin non vogliono follie

Getty Images

Il mantra di Pinto è chiaro: se si vende, si compra

Redazione

Istruzioni per l’uso. Nelle vicende di mercato non esistono buoni o cattivi, scrive Massimo Cecchini su La Gazzetta dello Sport. Ciò che succede alla Roma, però, ha delle caratteristiche singolari, alla luce della forbice che si è creata fra aspettative e realizzazioni. La storia è nota. Il 4 maggio, a sorpresa, il club giallorosso annuncia l’ingaggio di José Mourinho. Tesserarlo non è solo un gesto tecnico, perché l’allenatore portoghese porta con sé una storia calcistica che, nel periodo, può essere paragonabile solo a quella di Guardiola. Sono passati quasi tre mesi da quel giorno e i tifosi fanno fatica a sovrapporre i sogni delle prime settimane alla realtà. Morale: al momento, lo Special One non sta allenando una Special Roma, ma la stessa squadra dello scorso anno, più Rui Patricio, Shomurodov e Viña al posto di Spinazzola. Vero, probabilmente si era esagerato quando gli abboccamenti informali o le proposte degli agenti avevano fatto sognare in porta De Gea o Donnarumma, in difesa Sergio Ramos, a centrocampo Renato Sanches o in attacco Icardi e molti altri (tutta gente che ha cambiato o può cambiare squadra), ma c’era la presenza di Mourinho a garantire la liceità delle ambizioni, anche perché l’ingaggio del portoghese (circa 7,5 milioni) resta in effetti da top club. La domanda (comprensibile) che si è fatto per settimane il tifoso medio, in fondo, era sempre quella: ma che sarebbe venuto a fare Mou alla Roma senza avere garanzie? La cartina di tornasole di tutta la situazione è stata la questione Xhaka, l’unico acquisto - con Rui Patricio - che il portoghese ha chiesto esplicitamente (gli altri li ha avallati).  Anche se il fair play finanziario è sospeso, il mantra di Pinto, però, è chiaro: se si vende, si compra. Discorso già sentito negli ultimi 10 anni e oltre. E la Roma dovrebbe vendere Florenzi, Pastore, Nzonzi, Pedro e Santon, solo per fare alcuni nomi, che da soli immobilizzano circa 34 milioni lordi per la prossima stagione. Allora è colpa dei Friedkin? No di certo. Le condizioni di partenza non raccontano soltanto di una squadra giunta 7a in classifica ed entrata solo in Conference League. I nuovi proprietari - che non sono (e non devono essere) filantropi - finora in un anno hanno speso circa 387 milioni per la Roma (199 per acquistarla e 188 in versamenti per aumento di capitale). E l’impressione è che non sia ancora finita lì, visto che l’ultimo bilancio evidenzia debiti finanziari per 318 milioni e perdite che si aggireranno intorno ai 150-160 milioni.  Lo stesso tecnico, nel giorno della presentazione, ha parlato di un progetto a medio termine, anche se ha anche detto come si aspetti “regali” da parte dei Friedkin. Cioè acquisti non solo indispensabili. Ecco, a 15 giorni dall’inizio della stagione con una non facile trasferta di Conference (Turchia o Norvegia), c’è da dire che l’ingaggio dello Special One da parte della proprietà è stato una mossa mediatica folgorante, ma è ovvio che prevede anche dei rischi legati alle attese. E se per la Roma il salto di qualità in panchina si vede già, quello sul mercato ancora no. Per i Friedkin, alla luce dei conti, un dilemma non facile da sciogliere.