Se nomini il Colosseo gli si illuminano gli occhi."È stata la prima cosa che ho visto appena sono arrivato a Roma, rimasi a bocca aperta". Alexander Marangon Doni risponde dagli Stati Uniti, dove vive da anni. Con la famiglia si è trasferito a Orlando e ha fondato un vero e proprio impero: palazzi, case, centri commerciali. La sua azienda si chiama 'D32 invest'. Il brasiliano si racconta a 'La Gazzetta dello Sport':

La Gazzetta dello Sport
Doni: “Spalletti persona vera, con Ranieri nessun rapporto. E le radio…”
Con Spalletti c’è stato un bel feeling. È stato il migliore allenatore mai avuto? "Sì. Un genio. Luciano è una persona vera, diretta. Ti dice le cose in faccia. Poi era meglio non farlo arrabbiare, poteva pure prenderti a schiaffi. Quando urlava faceva tremare i muri di Trigoria..."
Dal punto di vista personale, invece, a Roma ha subito un ambiente particolare… "È una piazza stupenda, che ha però spigolature e difetti. Per esempio, le radio. Negli anni ho sentito tante cose non vere su di me: dicevano che causavo problemi in spogliatoio, che volevo andare via, che non ero un professionista serio. Tutte cazzate. Per fortuna potevo contare su un gruppo squadra stupendo che mi ha sempre sostenuto. Lo disse anche De Rossi in un’intervista. Chiese di smetterla di inventarsi storie false..."
Anche su Ranieri se ne sono lette tante… "Preferisco non parlarne, non ho tanto da dire. Per me quella fu una stagione complicata, giocai poco. Io e il mister, però, non abbiamo mai avuto un rapporto".
Le fece pagare l’aver accettato una convocazione in nazionale, quando secondo lui sarebbe dovuto restare a Trigoria per curarsi? "Io stavo bene e non mi sentivo di rinunciare alla chiamata della nazionale: in estate c’era il Mondiale. Sono tornato e nessuno mi ha più considerato. Facevo il quarto portiere, mi allenavo a parte. Non mi è stata mai data una spiegazione".
Che rapporto ha col calcio oggi? Lei fu costretto a smettere per un problema al cuore. "Con il passare del tempo è cambiato. Ho avuto un arresto cardiaco, ho rischiato la vita e ho lasciato il calcio. Poi ho ripreso a giocare col Botafogo nel 2014, ma dopo una stagione mi sono dovuto fermare di nuovo. È stato terribile. Ricordo che per un po’ di tempo avevo proprio il rifiuto: non guardavo nessuna partita, anzi appena vedevo il calcio in tv cambiavo canale. Oggi non seguo tanto, ma sarò sempre un tifoso giallorosso".
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