Daniele De Rossi racconta di quanto sia difficile stare lontano dal campo quando senti che la carriera "è agli sgoccioli" e racconta anche di quanta pressione ci sia intorno a Juve-Roma. La sua Roma, si è scoperta più fragile, come fragile si sente oggi il suo capitano. Sulla carta lo aspettano gli ultimi 6 mesi da calciatore,ma niente è ancora deciso: la linea, scrive Chiara Zucchelli su La Gazzetta dello Sport, sarà tracciata in primavera.
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De Rossi: “Sentiamoci tutti sotto osservazione. Smetterò ma…”
Il capitano: "A Torino va giocata una grande gara. Il mio futuro? Fare il tecnico è un lavoraccio"
I guai al ginocchio, che ha scelto di curare con una terapia e senza operazione, lo fanno riflettere: "E’ l’infortunio più grave della mia carriera. Si parla di cartilagine, ho subìto una lesione grave. Sarebbe gravissimo se si dovesse rompere ancora a 35 anni. Ci vuole tempo, ho ripreso a correre e a calciare, ma sono ancora indietro". Contro il Genoa era in panchina da capitano non giocatore, domani potrebbe essere la stessa cosa, lui che già una volta, a Torino, è andato, nel 2014, pur non potendo giocare. Andrebbe perché la sua presenza è troppo importante per i compagni: "Abbiamo talmente tanta pressione che non viviamo bene l’attesa. Abbiamo tanti pesi sulla schiena, siamo in un momento delicato perché sappiamo che dobbiamo fare meglio. Siamo tutti sotto osservazione, mister compreso, e lo sappiamo. Vogliamo fare una grande gara più per noi che per l’importanza della sfida stessa".
Sul futuro da allenatore: "Mio padre mi dice che fare l’allenatoreèbello, ma è un lavoraccio. Lui è un maestro proprio perché non ha avuto l’ambizione di diventare il nuovo Guardiola, Sacchi o Mourinho. Da lui posso imparare tante cose, anche come si sta al mondo quotidianamente. Non so se sarò capace, ma viaggerò e studierò per imparare. La cosa che mi spaventa di più? Fare cento interviste a settimana".
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