Daniele De Rossi è pronto a cominciare per davvero la sua seconda vita nel mondo del calcio. Dopo la gavetta con la Nazionale e l'addio annunciato nei giorni scorsi, adesso è pronto ad allenare la sua prima squadra. In una lunga intervista a Sportweek, il settimanale de La Gazzetta dello Sport, ha parlato di questo e, ovviamente, della Roma:
rassegna stampa
De Rossi: “Mourinho nuovo punto di riferimento dopo l’addio mio e di Totti”
"Ai tifosi serviva una figura in cui identificarsi, ma lui non ha bisogno di me come vice. Allenare la Roma non è un'ossessione, succederà quando sarò pronto. Sogno il ritorno di Totti"
Perché lasciare lo staff di Mancini? "È stata una scelta difficile perché mi sono trovato splendidamente, mi hanno permesso di vivere un'esperienza indimenticabile. Però voglio allenare, mi sento pronto per sedermi in panchina.
Come è nata la possibilità di entrare nello staff azzurro? Quando lasciai la Roma il mister mi invitò a casa sua e mi offrì la possibilità di diventare un suo collaboratore. Rifiutai perché avevo già in testa il sogno di giocare con il Boca Juniors. Mi guardò come fossi matto, ma lasciò una porta aperta: "Ci serve uno come te".
Durante l'Europeo c'era la sensazione che si poteva vincere? Sì, per la qualità, la continuità e la coralità del gioco. Poi per alzare la coppa deve anche dirti bene. Successe anche a noi nel 2006. Se Totti non segna quel rigore all'ultimo minuto con l'Australia...
Bonucci e Chiellini. Sono due mostri. Pensavo che senza Barzagli e Buffon avrebbero sofferto, e invece... Sono affamati di vittorie e professionisti incredibili.
L'Europeo di De Rossi. Un'esperienza che mi è servita per attraversare metaforicamente una porta. Il riscaldamento a Wembley l'ho fatto perché allenavo i portieri e altrimenti mi sarei stirato. Mi è piaciuto leggere la partita, gestire le emozioni in tribuna con giacca e cravatta. Quel tuffo sul tavolo è stato un riconoscimento per quello che i ragazzi avevano fatto.
Qual è il calcio di mister De Rossi? Alt. Quando giocavo, sentir dire da un allenatore il "suo" calcio già mi urtava. Facile dire che amo una squadra offensiva, il mio calcio è senza etichette. Serve il giusto mix tra idee e qualità della rosa. Si devono rispettare le radici e la tifoseria. Non c'è il mio calcio, ma quello che è giusto proporre in base a tante componenti.
L'allenatore perfetto tra quelli che hai avuto? Farei torto a qualcuno, tra Roma e Nazionale ne ho avuti tanti. Avere Capello a 18 anni lo augurerei a qualsiasi ragazzo. Il primo Spalletti è stato geniale. Luis Enrique proponeva un calcio nuovo, Conte è un martello. Con Zeman non mi sono trovato bene, ma il suo gioco offensivo era spettacolare.
Sull'allenare la Roma. Tutti sanno cosa è stata e sarà sempre per me la Roma: una seconda pelle, un amore appassionato e puro. Certo che mi piacerebbe allenarla, quando sarò pronto e me lo sarò guadagnato. Un giorno succederà, ma è un desiderio e non un'ossessione. Ora voglio fare le mie esperienze.
Sulla possibilità di essere il vice di Mourinho. Era il desiderio della gente, ma tutto quello che Mourinho ha vinto l'ha vinto senza di me.
Che porterà Mourinho alla Roma? Ancor prima di arrivare aveva già dato tanto. Aspettative, sogno, entusiasmo. Dopo l'addio di Totti e il mio, trovare una nuova identificazione era una necessità forte del tifoso della Roma.
Sul ritorno di Totti alla Roma. Mi sembra sereno e soddisfatto del suo nuovo ruolo di agente, che gli permette anche di godersi la famiglia. Spero anche io di rivederlo un giorno nella Roma. Invece di ripetere che non era pronto, che avrebbe dovuto studiare, penso che avrebbe meritato una chance come dirigente. Non essere considerato e valorizzato lo aveva spento e deluso. Mi faceva male vederlo così.
© RIPRODUZIONE RISERVATA